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La cannabis, negli ultimi anni, viene sempre più applicata in ambito medico per accompagnare un paziente nel suo percorso di cura. Tra i tanti ambiti in cui la cannabis e i suoi estratti vengono utilizzati, vi è quello oncologico.

Ma la cannabis può prevenire il cancro? I cannabinoidi possono bloccare la crescita delle metastasi? Facciamo chiarezza.

La cannabis a uso terapeutico ha una lunghissima storia. In tempi recenti questo suo impiego è stato riscoperto, anche nell’ambito della terapia nel contesto di patologie gravi.

È così che a partire dagli anni ‘80 del Novecento la cannabis è stata utilizzata a scopo palliativo su pazienti affetti da AIDS, sclerosi multipla e da vari tipi di tumore.

Sono molti, infatti, gli studi che testimoniano come i principi attivi della pianta di cannabis possano giovare - ad esempio sull’umore o sull’appetito - delle persone che lottano contro il cancro.

Allo stesso modo, le caratteristiche indirettamente “antidolorifiche” della cannabis hanno fatto sì che venisse utilizzata per affiancare la terapia del dolore.

Nel corso dei decenni, molti studi (la maggior parte pre-clinici) hanno messo in luce la possibilità che i cannabinoidi possano avere un’azione direttamente antitumorale. 


cannabis previene tumori

Cannabinoidi e metastasi

La cannabis non può curare il cancro e non è stato stabilito scientificamente che possa ridurre la massa di un tumore nell’essere umano.

Al momento non ci sono dimostrazioni che la cannabis o i suoi singoli principi attivi (come il cannabidiolo) possano avere un ruolo nel contrastare l’avanzamento di un tumore.

Ci sono alcuni studi - nessuno di questi, però, condotto direttamente sull’essere umano - che hanno dimostrato che i cannabinoidi (i principi attivi della pianta di cannabis) possano avere un qualche effetto sulle cellule tumorali. Tuttavia non esistono, per il momento, studi clinici che dimostrino oltre ogni ragionevole dubbio, che la cannabis sia capace di curare la malattia.

Tuttavia alcuni studi su modelli animali hanno evidenziato come i cannabinoidi siano in grado di inibire la crescita tumorale, innescando il processo di apoptosi (la morte delle cellule tumorali).

È il caso di un esperimento svolto in vitro in cui il THC, delta-9-tetraidrocannabinolo, ha dimostrato di avere un effetto antitumorale su colture di carcinoma epatocellulare (caratteristiche del cancro al fegato). Un altro studio, invece,  ha preso in considerazione l’azione antinfiammatoria dei cannabinoidi, in relazione al colon.

Nello studio, pubblicato su Nature Medicine, si concludeva che i cannabinoidi potrebbero avere una funzione preventiva nei confronti di un eventuale tumore al colon

Nonostante questi e altri risultati, la strada è ancora lunga e passa per la completa comprensione dei meccanismi con cui i cannabinoidi agiscono in vari contesti del nostro organismo, fra cui il sistema immunitario e lo stesso sistema endocannabinoide.

Al momento, al netto degli ottimi risultati preclinici ma di una quasi assenza di studi clinici, non ci sono conferme sulle effettive proprietà antitumorali e preventive dei cannabinoidi nei confronti degli esseri umani.

Anche nel caso dei risultati più eclatanti - come in uno studio che ha evidenziato la riduzione dello sviluppo della massa tumorale grazie al cannabidiolo (CBD) su modelli animali - sono gli stessi ricercatori a frenare gli entusiasmi. La cannabis utilizzata per questi esperimenti controllati è sotto forma di principi puri e somministrata in quantità che, in genere, non si possono reperire e che viene impiegata solo per scopi scientifici.

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L’impiego dei cannabinoidi in campo oncologico


Uno dei primi studi mirati a esplorare l’applicazione della cannabis sulle persone malate di cancro, aveva evidenziato come i cannabinoidi si fossero dimostrati molto efficaci - più di altri farmaci - nel ridurre notevolmente gli effetti collaterali della chemioterapia.

Nel 2010, invece, i ricercatori del dipartimento di psicologia dell’Università di Guelph, in Canada, avevano trovato prove considerevoli che la regolazione del sistema endocannabinoide comporti una riduzione della sensazione di nausea.

L’effetto anti-emetico dei cannabinoidi in generale è stato dimostrato da alcuni studi sugli animali.
Sarebbe l’azione sul recettore CB1 del sistema endocannabinoide a comportare la soppressione della sensazione di dover vomitare. Il cannabidiolo (CBD), in particolare, può sopprimere nausea e vomito anche se assunto in dosi limitate.

 A ciò si aggiunge il sempre maggiore impiego del cannabidiolo per contrastare una condizione di dolore cronico.

Ogni giorno sempre più, emergono le evidenze degli effetti lenitivi del CBD nei confronti di un dolore ricorrente. È anche per via di queste qualità antinfiammatorie che molte persone e molti ricercatori si stanno interessando alla cannabis in ambito oncologico.

Questi effetti antinfiammatori hanno fatto sì che la cannabis venisse affiancata alle cure palliative che mirano a mitigare i sintomi di quelle persone colpite da una malattia al momento incurabile.



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