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Cannabis e neurologia applicazioni e ricerca

    INDICE

I principi attivi della cannabis e il loro utilizzo in ambito neurologico.

Da tempo si discute sull’utilizzo della cannabis nell’ambito della neurologia.

I principi attivi della cannabis, infatti, possono essere utili per molti pazienti affetti da particolari disturbi neurologici. L’uso medico dei cannabinoidi, i principi attivi della cannabis, è stato incentivato, negli ultimi anni, anche dai risultati della ricerca scientifica che hanno evidenziato gli effetti benefici sul sistema nervoso.

Allo stesso tempo, i prodotti a base di cannabis (come, per esempio, l’olio di CBD), sono diventati parte di una terapia complementare nel contesto di patologie anche gravi, come la sclerosi multipla.

Se il Delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è da tempo il principio attivo di alcuni farmaci regolarmente somministrati in ambito clinico, il cannabidiolo (CBD) sta catturando l’attenzione di molti per i suoi possibili benefici in neurologia. 

 

Cannabis e neurologia cosa dice la scienza

La cannabis ha un particolare meccanismo d’azione che coinvolge il sistema endocannabinoide, un sistema biologico presente nel corpo umano composto da endocannabinoidi. Gli endocannabinoidi sono piccole molecole segnale che derivano da un acido grasso polinsaturo: l’acido arachidonico.

Gli endocannabinoidi attivano i recettori dei cannabinoidi di tipo 1 (denominato CB1) e di tipo 2 (CB2). I primi recettori sono presenti nel cervello e in alcuni tessuti periferici mentre i secondi si trovano prevalentemente nelle cellule del sistema immunitario.

L’insieme degli endocannabinoidi di un individuo viene identificato come sistema endocannabinoide. Il sistema endocannabinoide agisce sulla regolazione di una grande varietà di processi sia fisiologici che cognitivi, come l’appetito, la sensazione di dolore o l’umore. Il cannabidiolo (CBD) agisce indirettamente sui recettori del sistema endocannabinoide.

Il cannabidiolo (CBD) nello specifico non agisce su una particolare patologia: è una sostanza "regolatrice" del nostro sistema endocannabinoide. Il cannabidiolo (CBD) modula dei meccanismi che già sono esistenti e in atto nel nostro organismo. 

Oggi i farmaci che incorporano i fitocannabinoidi come Delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e cannabidiolo (CBD) si sono dimostrati sicuri ed efficaci in cinque ambiti in cui è possibile che i farmaci convenzionali non garantiscano risultati. Si tratta dell’epilessia farmaco resistente, del morbo di Parkinson, della malattia di Alzheimier, dell’encefalopatia traumatica cronica e di alcuni specifici casi di tumore cerebrale.

La ricerca scientifica, al momento, sostiene la sicurezza e l’efficacia della cannabis nel trattamento di queste patologie, grazie all’attività sui recettori CB1 e CB2 del sistema endocannabinoide.

 

Applicazioni possibili: il CBD

Il cannabidiolo (CBD) ha colpito positivamente la comunità della ricerca scientifica; sia per via dei suoi benefici in ambito neurologico che per la totale assenza dei cosiddetti “effetti psicotropi” derivati dal THC. Questo interesse deriva anche dalla particolare azione neuroprotettiva che un CBD di alta qualità potrebbe esercitare in base ai primi - incoraggianti - risultati derivati da studi condotti sia in vitro e su animali che su alcuni esseri umani.

Il cannabidiolo, infatti, ha dimostrato avere una potenziale azione di riduzione dello stress ossidativo che può colpire le cellule cerebrali. Questa caratteristica lo renderebbe un potenziale trattamento nell’ambito di alcune note malattie neurodegenerative, come la malattia di Parkinson o il morbo di Alzheimer.

Uno studio del 2010 condotto dai ricercatori del Dipartimento di Fisiologia del Trinity College di Dublino ha identificato il ruolo neuroprotettivo degli endocannabinoidi contro alcune patologie cerebrali, compresa la morte cellulare per apoptosi: una forma di morte cellulare programmata.

Lo studio ha fornito la prova che il sistema endocannabinoide può stabilizzare i lisosomi contro la permeabilizzazione indotta dalle proteine beta-amiloidi, e contribuire di conseguenza alla sopravvivenza cellulare. L’efficacia del cannabidiolo (CBD) in ambito neurologico deriverebbe, quindi, da una combinazione di azioni neuroprotettive e antinfiammatorie.

La strada per scoprire tutti i benefici che il cannabidiolo può apportare in ambito neurologico è ancora lunga e per alcune condizioni cliniche si è ancora ben lontani dalla conclusione di tutte le indagini scientifiche possibili. Tuttavia, per alcune malattie, il cannabidiolo (CBD) è già utilizzato in maniera diffusa come trattamento efficace. È il caso dell’epilessia farmaco resistente. 

 

Epilessia farmaco resistente e CBD

Esiste già un farmaco a base di CBD specificatamente indicato casi particolari di epilessia: l’Epidiolex. Questo farmaco viene utilizzato per il trattamento di due forme di epilessia farmaco resistente: la Sindrome di Dravet e la Sindrome di Lennox-Gastaut.

Il cannabidiolo, però, potrebbe essere utilizzato anche in altre forme di epilessia. L’attuale impiego per le due particolari forme di epilessia farmaco resistente trova conferme da una revisione sistematica degli studi condotti fino al 2018. La revisione è stata pubblicata da un gruppo di ricerca guidato da Emily Stockings del National Drug and Alcohol Research Center di Sydney, in Australia, ed è stata pubblicata sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry. Stockings e colleghi hanno valutato la sicurezza e l’efficacia dei cannabinoidi come trattamenti aggiuntivi per l’epilessia resistente ai farmaci in una revisione sistematica di sei studi randomizzati (555 pazienti) e 30 studi osservazionali (2865 pazienti).

In due studi randomizzati controllati (RCT), i pazienti che assumevano cannabidiolo rispetto a chi assumeva placebo aveva il 74% in più di probabilità di vedere dimezzate le crisi epilettiche, dopo 8 somministrazioni. In 17 studi osservazionali, il 48,5% dei pazienti ha raggiunto una riduzione del 50% o più elevata del numero di crisi.

La probabilità di una riduzione del 50% o maggiore delle convulsioni era leggermente più elevata nel gruppo dove c’erano solo bambini (57,7%) rispetto ai gruppi misti adulti e bambini (36,2%). 

I prodotti a base di cannabidiolo (CBD) si stanno imponendo come rimedio - concordato con il proprio medico specialista di riferimento - per intervenire sui sintomi e sulle manifestazioni di molte forme di epilessia. L’obiettivo, raggiunto, è quello di far tornare i pazienti e i loro cari a una quotidianità soddisfacente.

Il cannabidiolo (CBD) permette di migliorare la qualità della vita di molte persone che lottano ogni giorno contro l’epilessia. Il medico può però prescrivere una preparazione con cannabidiolo, seguendo le indicazioni ministeriali e i consigli  LICE - Lega italiana contro le epilessie.  

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