Uno studio italiano scopre per la prima volta alcuni cannabinoidi mai osservati prima. Si tratta di un risultato fondamentale per far luce sulle caratteristiche della pianta di cannabis.
Un’equipe di ricerca composta interamente da scienziati italiani ha da poco pubblicato sull’autorevole rivista Scientific Report, i risultati di uno studio che gettano ulteriore luce sulle componenti delle sostanze che costituiscono la pianta di cannabis. I ricercatori, infatti, sono stati capaci di individuare tre “nuovi” cannabinoidi: il delta-9-tetraidrocannabiforolo (THCP), il delta-9-tetraidrocannabutolo (THCB) e il Cannabidibutolo (CBDB).
Al momento sono stati individuati circa 150 fitocannabinoidi nella pianta di cannabis. I più noti sono il cannabidiolo (CBD) e il Delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), sui quali negli ultimi anni la ricerca scientifica ha fatto notevoli passi avanti. L’utilizzo efficace dei principi attivi della pianta di cannabis passa soprattutto per una accurata conoscenza delle sostanze che la compongono e che sono alla base dei benefici che comportano per l’organismo umano.
Lo studio italiano rappresenta un avanzamento considerevole nella conoscenza della pianta di cannabis.
Il THCP, ad esempio, era una sostanza del tutto sconosciuta prima dell’indagine dei ricercatori italiani. In precedenza, quindi, era impossibile stabilire se alcune varietà della pianta contenessero THCP oppure no. Oltre all’individuazione di questi cannabinoidi, lo studio ha un altro notevole merito: quello di ricordare come la ricerca medico-scientifica sulle componenti della cannabis abbia ancora una lunga strada davanti a sé.
Alcuni dei meccanismi d’azione della cannabis sono a tutt’oggi sfuggenti. Il fatto che oggi siano state individuate tre nuove sostanze costituenti può aprire nuovi orizzonti per comprendere una volta per tutte il perché e il come degli effetti della cannabis.
Nonostante la strada legislativa proceda con lentezza - e non senza battute d’arresto basate su teorie del tutto pseudoscientifiche - lo studio è il frutto di un impegno italiano che mostra il promettente stato di salute del mondo della cannabis italiana.
Gli studiosi, infatti, hanno potuto raggiungere questi risultati grazie a un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e hanno impiegato cannabis della varietà denominata FM2, coltivata e fornita dallo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze: il luogo in cui viene prodotta la cannabis che successivamente viene impiegata legalmente per uso medico nel nostro paese.
La ricerca scientifica è fondamentale per le vite di molte persone che combattono contro patologie per cui la cannabis terapeutica può fornire un prezioso aiuto.
Sul portale CannaBeta è possibile approfondire tutti i temi che riguardano proprio l’uso medico della cannabis, fra cui i risultati di questo nuovo e fondamentale studio italiano.