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Se ne parla sempre di più. Tantissimi consumatori di cannabis e suoi derivati conoscono il CBD come il principio attivo che “non sballa” e l'olio di cbd come la sua forma più comune e utilizzata.

La sua azione è attivata nel corpo grazie alla sua interazione con il sistema endocannabinoide, e oltre alle sue proprietà antistress e analgesiche è in grado di apportare numerosi benefici ancora poco conosciuti e poco considerati da parte dei consumatori.

In questo articolo andremo ad evidenziare 5 aspetti del cbd e dell'olio di cbd meno conosciuti.

1. L’Olio di CBD ha proprietà energizzanti e antiossidanti maggiori delle Vitamine C ed E

Ebbene Sì! A quanto emerge dagli studi, il CBD è un potente antiossidante.
Addirittura un antiossidante ancora più potente della vitamina E, o anche della vitamina C, nota come la regina degli antiossidanti e archetipo della salute e dell’energia.

Come la maggior parte delle piante, ci sono anche numerosi altri antiossidanti presenti nella cannabis. Alcune persone effettuano artigianalmente una pressatura della pianta intera per ottenere così l'intero spettro di cannabinoidi, terpeni e altri antiossidanti presenti nella pianta, ma la maggior parte delle persone non ha questa possibilità e deve rivolgersi a prodotti di manifattura industriale.

Esistono molti altri modi pratici per sfruttare le proprietà antiossidanti del CBD.  
La più comune è appunto quella dell’olio di CBD, dove il Cannabidiolo viene estratto dalla pianta e diluito in olio di semi di canapa. 

Esistono altre possibili applicazioni, come ad esempio quelle topiche come le creme cosmetiche con CBD che contengono antiossidanti come la vitamina E, combinando anche gli effetti emollienti ed antinfiammatori del cannabidiolo.

C'è anche l'opzione dello svapo, con CBD liquido o Cristalli di CBD che offre agli utenti un'elevata biodisponibilità perché il vapore bypassa il tuo sistema digestivo ed entra direttamente nel tuo flusso sanguigno, con un effetto immediato e più intenso rispetto alla comune ingestione.

 

2. L'olio di CBD aiuta a mantenere basso il rischio di diabete ed obesità

Il ruolo della cannabis sul metabolismo rappresenta una delle questioni su cui la ricerca scientifica ha cominciato a indagare in tempi relativamente recenti.

Ancor più di recente alcune pubblicazioni hanno cercato di fare il punto sul ruolo del CBD sul metabolismo e sui suoi possibili effetti positivi nel ridurre il tessuto adiposo.

Diversi studi hanno dimostrato che i consumatori regolari di cannabis hanno un indice di massa corporea più basso, circonferenze della vita minore e un ridotto rischio di diabete e obesità.

Uno dei primi studi a indicare un possibile ruolo del CBD nel consumo di grasso corporeo risale a pochi anni fa, al 2016, ed è stato condotto da un equipe di ricerca coreana.

Lo studio, pubblicato su Molecular and Cellular Biochemestry, descrive come il cannabidiolo (CBD) sia in grado di agire in tre diversi modi sulle cellule grasse chiamate preadipociti.

Secondo lo studio il CBD sarebbe in grado di aumentare la capacità di bruciare le calorie, aiuti a scomporre i grassi e diminuirebbe i meccanismi con cui si creano nuove cellule grasse all’’interno del nostro organismo.

Da queste osservazioni, i ricercatori hanno concluso che andrebbe ulteriormente approfondito questo insieme di meccanismi, per una eventuale applicazione in ambito terapeutico della cannabis per il trattamento dell’obesità.

Un rapporto del 2011 pubblicato sull'American Journal of Epidemiology, basato su un sondaggio con oltre 52.000 partecipanti, ha concluso che i tassi di obesità sono di circa un terzo più bassi tra i consumatori di cannabis.

Questo succede nonostante i partecipanti tendano a consumare un quantitativo maggiore di calorie al giorno, eventualità correlata alla stimolazione che il THC effettua sulla grelina, un ormone che aumenta l'appetito ma allo stesso tempo aumenta il metabolismo dei carboidrati.

Uno studio del 2006  intitolato "Il cannabidiolo riduce l'incidenza del diabete nei topi diabetici non obesi" ha dimostrato che il CBD ha la capacità di abbassare l'incidenza del diabete nei topi da laboratorio.

Secondo questo studio, il CBD può inibire e ritardare l'insulite degenerativa e la produzione di citochine infiammatorie, riducendo l'incidenza del diabete.

Nel 2015 invece, un gruppo di studi misto Israele-Usa ha iniziato i lavori verso un ulteriore fase di utilizzo del CBD come trattamento per il diabete.

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3. L’olio di CBD può aiutare contro il colesterolo

L’olio di semi di canapa di cui è composto il nostro Olio di CBD, è una delle poche fonti vegetali di acido alfalinoleico. La sua principale caratteristica nutrizionale è quella di vantare, nella propria composizione, un ottimo equilibrio tra acidi grassi Omega 3 e Omega 6; nell’olio di semi di canapa, infatti, il rapporto tra Omega 6 e Omega 3 è di 3 a 1, rispettivamente, e corrisponde a quello consigliato dai risultati della ricerca scientifica per l’assunzione di acidi grassi essenziali. 

Contiene, inoltre, una buona quota di amminoacidi, proteine, vitamine, sali minerali e fitosteroli e aiuta a ridurre i livelli di colesterolo e di trigliceridi nel sangue, fornendo, quindi, un aiuto nella prevenzione cardiovascolare.

Uno studio del 2013 ha misurato i dati di 4.652 partecipanti sull'effetto della cannabis sui sistemi metabolici, confrontando i non consumatori con i consumatori attuali e passati.

Le evidenze riscontrate dimostravano che i consumatori regolari avevano livelli ematici più alti di lipoproteine ad alta densità (HDL-C), detto anche "colesterolo buono".

Lo stesso anno, un'analisi su oltre 700 membri della comunità Inuit in Canada ha evidenziato che i consumatori regolari di cannabis avevano livelli più alti di HDL-C e livelli leggermente più bassi di LDL-C ("colesterolo cattivo").

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4. Anche lo sport professionistico è in prima linea per l’utilizzo dell'olio di CBD

È una realtà oggettiva come il mondo dei professionisti stia guardando con sempre più interesse alle proprietà antinfiammatorie, neuroprotettive e muscolo-rilassanti del cbd, con la scesa in campo di atleti di primo piano che hanno attivamente supportato  battaglia finalizzata all’utilizzo sempre più consapevole della cannabis in ottica terapeutica, in contrapposizione ai più classici oppiacei.

L’ex quarterback Jake Plummer ad esempio si è fatto portavoce con altri atleti di una battaglia per l’utilizzo della marijuana medica per curare le gravi lesioni riportate al termine della carriera dalla stragrande maggioranza dei giocatori, così come il collega Eugene Monroe, ex giocatore di football americano, star dei Jacksonville Jaguars e Baltimore Ravens, e convinto testimonial e attivista per l’uso medico della cannabis.

L’impegno di Monroe per l’avanzamento della ricerca sui benefici per la salute degli estratti dalla pianta di canapa nasce dalla sua storia personale.

Monroe interviene in pubblico per sostenere la rimozione della cannabis dall’elenco di sostanze proibite dalla NFL e combatte contro l’utilizzo di farmaci oppiacei come rimedio al dolore cronico.

L’ex giocatore ha finanziato molto spesso iniziative di ricerca sulla cannabis a uso medico e ha creato un suo personale sito dove fa una costante attività di divulgazione sulla canapa e sui suoi estratti e derivati.

La sua attività e il suo entusiasmo hanno contagiato anche altri celebri sportivi della NFL, fra cui Jim McMahon, Kyle Turley, Nate Jackson, Eben Britton, Leonard Marshall e Marvin Washington, per chiedere alla lega un’apertura alla cannabis.

I giocatori sostengono che prodotti con CBD, ormai sdoganati, possano essere un’ottima alternativa agli oppiacei e siano la chiave per i “reduci” da infortunio per mitigare il dolore.

Nel novembre 2016, la NFL Player's Association ha annunciato la formazione di un comitato per studiare il tema della gestione del dolore cronico tra i giocatori, incluso l'uso di cannabis come trattamento. Monroe è stato allora nominato membro fondatore del comitato.

Da allora Monroe continua la sua battaglia per un libero uso di prodotti certificati e garantiti, come infusi, oli al CBD e creme topiche.

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5. L'Olio di CBD mitiga gli stati d'ansia generati dal  THC

Alcuni la chiamano ansia, altri “paranoia”. Si tratta della sensazione spiacevole - sia a livello fisico che mentale - che certe persone avvertono dopo avere assunto marijuana. 

Se, da un parte, la cannabis viene utilizzata proprio per gestire gli stati d’ansia e agitazione, la stessa cannabis può provocare in alcuni un incremento dell’ansia percepita. Perché, quindi, la cannabis può scatenare l’ansia ma, allo stesso tempo, può ridurla? 

È da tempo che la ricerca scientifica ha evidenziato come il cannabidiolo (CBD) abbia una concreta azione di contrasto nei confronti degli effetti psicotropi indotti dal THC.

A settembre 2019 i ricercatori della Western University hanno dimostrato per la prima volta i meccanismi molecolari in azione che portano il cannabidiolo (CBD) per bloccare gli effetti collaterali psicotropi causati dal tetraidrocannabinolo (THC), la principale sostanza chimica psicoattiva della cannabis.

In precedenza era già stato dimostrato che ceppi di cannabis con alti livelli di THC e bassi livelli di CBD possono causare un aumento degli effetti ansiogeni, ma il motivo per cui ciò avveniva non era stato pienamente compreso.

Steven Laviolette, coordinatore dello studio pubblicato sull’autorevole Journal of Neuroscience, e il suo team di ricerca hanno usato alcuni topi per investigare il ruolo di una molecola nell'ippocampo cerebrale chiamata chinasi regolata a segnale extracellulare (ERK) che innesca gli effetti neuropsichiatrici del THC.

La ricerca ha dimostrato che gli animali a cui è stato somministrato THC avevano livelli più elevati di ERK attivato, mostravano comportamenti più ansiosi e, nel corso di successivi esperimenti, erano più sensibili all'apprendimento basato sulla paura.

I topi a cui sono stati dati sia il CBD che il THC hanno agito come i topi del gruppo di controllo: avevano livelli normali di ERK attivato, meno comportamenti ansiosi, ed erano meno sensibili all'apprendimento basato sulla paura.

Sulla base di questi risultati, il team di ricerca ha concluso che un CBD di alta qualità sia in grado di annullare la capacità del THC di stimolare eccessivamente la via ERK nell'ippocampo e quindi di prevenire i suoi effetti collaterali negativi. Un altro risultato interessante proposto dai ricercatori è che il solo CBD non ha avuto alcun effetto sul percorso ERK. In sostanza: il solo CBD non provoca alcun effetto collaterale ansiogeno.

Steven Laviolette, coordinatore del team di ricerca, ha affermato che "i nostri risultati hanno importanti implicazioni per la prescrizione di cannabis e il suo uso a lungo termine. Per esempio, per gli individui più inclini agli effetti collaterali legati alla cannabis, è fondamentale limitare l'uso a ceppi ad alto contenuto di CBD e basso contenuto di THC. Ancora più importante, questa scoperta apre una nuova frontiera per sviluppare formulazioni di THC più efficaci e sicure".

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