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Parliamo di uno degli effetti più conosciuti della cannabis. Cosa scatena la “fame chimica”? Può capitare anche nel caso dell'assunzione di CBD?

Fame chimica: ne avrete già sentito parlare numerose volte. Partiamo dall'inizio:

Che cos'è la fame chimica?

“Fame chimica” è un’espressione molto nota da decenni. Da modo di dire gergale per indicare una improvvisa e smodata appetenza nelle ore successive all’assunzione di cannabis, “fame chimica” è diventata una locuzione d’uso comune, al punto da ispirare il titolo di un film.

“Fame chimica” resta, in ogni caso, un’espressione molto informale che sottintende un fenomeno molto complesso che riguarda, con molte distinzioni, il mondo della cannabis.

La sensazione di fame (da cui appunto, deriva il modo di dire “fame chimica”) che prova chi ha consumato marijuana è ben più di una mera suggestione ma è parte di un processo affascinante. 

cbd può provocare fame chimica?

 

La “fame chimica” un fenomeno tipico della cannabis? Perché proprio la cannabis provoca la fame chimica?

L’appetenza derivata dal consumo di cannabis - la famigerata fame chimica - è stata indagata dalla ricerca scientifica, che ne ha evidenziato anche possibili applicazioni terapeutiche.

Sarebbe, in fondo, tutta una questione di olfatto. Uno studio condotto sui topi, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature nel 2014, ha evidenziato come il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) - uno dei più noti principi attivi della cannabis - intervenga in una porzione del cervello adibita agli stimoli ricevuti dal naso.

Il THC si lega ai recettori CB1, presenti nel bulbo olfattivo, e fanno sì che la sensibilità agli odori aumenti.

La diretta conseguenza di una maggiore sensibilità agli odori sfocia in un aumento dell’appetito.
La “fame chimica”, spesso al centro dell’ironia, sta avendo una concreta applicazione negli ultimi anni. Il THC, infatti, viene impiegato in ambito oncologico per quelle persone che hanno perso l’appetito a seguito delle terapie a cui si sottopongono. 

Gli effetti del THC nello stimolare una sensazione di appetenza sono stati studiati anche dai ricercatori dell’Università di Yale che nel 2015 hanno pubblicato su Nature una ricerca che ha spiegato le basi fisiologiche di questa tipica “fame chimica” provocata dalla cannabis. I ricercatori hanno analizzato i neuroni che si attivano nel circuito dei recettori CB1, le famigerate cellule del sistema endocannabinoide, e i neuroni pro-opiomelanocortina (Pomc) che trasmettono e ci fanno provare la sensazione di sazietà.

Lo studio, condotto sui topi, ha comportato la stimolazione dei neuroni al centro dello studio. I ricercatori hanno voluto verificare se attivando i recettori CB1 nei topolini a stomaco pieno ne seguisse una ridotta attività dei neuroni Pomc e che, quindi, avessero fame.

I ricercatori hanno notato che i neuroni Pomc non diminuivano la loro attività ma bensì la aumentavano: nonostante l’attivazione del meccanismo che trasmette il senso di sazietà, i topolini mangiavano comunque.

A quel punto i ricercatori hanno voluto indagare ulteriormente e hanno scoperto che, di norma, i neuroni Pomc rilasciano un ormone (α-Melanocyte-stimulating hormone) che provoca il senso di sazietà e la beta endorfina, una sostanza che conferisce un senso di benessere.

Nel caso in cui i neuroni Pomc vengano attivati dai principi attivi della pianta di cannabis, questi sono in grado di rilasciare solo la beta endorfina. I neuroni, in sostanza, non sprigionano più quell’ormone che ci comunica che è tempo di smettere di mangiare dato che abbiamo raggiunto la sazietà.

 

Il CBD fa venire la fame chimica?

Al momento, il rapporto tra cannabis, alimentazione e stimolazione o riduzione dell’appetito è ampiamente dibattuto e non si è ancora arrivati a una conclusione univoca.

Tuttavia, a differenza del THC, l’assunzione di CBD non è associata a uno stimolo di appetito.

Il cannabidiolo, infatti, agisce come antagonista del recettore CB1, una caratteristica che lo rende in grado sia di stemperare gli effetti più acuti del THC, che di intervenire comunque sulla sensazione di appetito; ma in senso contrario, ovvero riducendo la sensazione di appetenza. 

Infografica_recettori_canabbinoidi-01

Il metabolismo è diverso durante la fame chimica?

È la domanda che moltissime persone si pongono e che si potrebbe tradurre con “la cannabis fa ingrassare?”.

Sta di fatto che, a oggi, a dominare è l’incertezza e la risposta alla domanda non ha ancora una risposta definitiva. Ciò che è certo è che, per dare un’idea della situazione attuale, i ricercatori dell’Università di Montreal in una pubblicazione sulle pagine di Pharmacology Biochemestry hanno affermato chiaramente che la cannabis possa provocare sia l’aumento che la perdita di peso, tenendo conto di un insieme di fattori che riguardano le peculiarità sia del consumatore e del suo fisico, che il tipo di consumo che viene fatto.

Dall’altro lato, nel 2011 uno studio condotto da Yan Le Strat, psichiatra dell’Università di Parigi, ha evidenziato come, paradossalmente, tra i consumatori abituali di cannabis c’è una minore incidenza di obesità.

L’uso di cannabis, secondo i campioni, potrebbe infatti essere associato con un minore indice di massa corporea. Tuttavia, ha chiarito subito lo stesso Le Strat, si tratta di risultati del tutto preliminari che non fanno in alcun modo il “punto” della situazione. In sostanza, anche se la cannabis contenente THC può stimolare una temporanea sensazione di appetito, non ci sono dati a sufficienza per dimostrare che si tratti di episodi estemporanei che non vanno collegati in maniera diretta a un aumento di peso corporeo sul lungo periodo.

 

Come combattere la fame chimica?

Si può facilmente immaginare che non esista una risposta a una domanda di questo tipo.

Tuttavia, se di stimoli si parla - olfattivi in questo caso - una soluzione potrebbe essere quella di ricercare stimoli di tipo diverso, dedicandosi a un’attività che si ama fare, alla lettura di un libro (occhio a non soffermarvi per troppo tempo sulla stessa pagina!), alla visione di un film: tutte attività che potrebbero tenervi alla lontana dalla dispensa.

Un’altra soluzione, invece, può essere quella di sfruttare le caratteristiche del cannabidiolo (CBD) - il principio attivo che non “sballa” - per stemperare la sensazione di appetito.

 

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