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Oggi, 11 Febbraio 2019, è la giornata mondiale dell'epilessia. Una giornata dedicata alla sensibilizzazione su questa sindrome che solo in Italia riguarda oltre 500.000 persone, per un totale di oltre 50 milioni in tutto il mondo.

Creata a livello internazionale dall'International Bureau for Epilepsy (Ibe) e International League Against Epilepsy (Ilae), in Italia è la Lice (Lega Italiana Contro l'Epilessia) ad organizzare questa manifestazione, che quest'anno vedrà numerosi monumenti d'Italia illuminarsi di viola, come ad esempio La Torre di Pisa, la Barcaccia di Piazza di Spagna a Roma o il Maschio Angioino a Napoli.

Per supportare le iniziative sul territorio, la comunicazione online sarà caratterizzata dall'hashtag #epilessianonmifaipaura, che affianca l'internazionale #EpilepsyDay.

In questa occasione è stato presentato Epineeds, il primo studio multicentrico nazionale sui bisogni dei pazienti.

L’obiettivo dell’indagine è quello di identificare i bisogni delle persone con epilessia, il loro grado di soddisfacimento ed il rapporto medico – paziente.

Abbiamo parlato di un tema così delicato con il dottor Pasquale Striano, Dottore in Neurologia Pediatrica e Malattie Muscolari presso il ”G.Gaslini” di Genova.

Dottor Striano oggi è la giornata mondiale contro l’Epilessia, quali sono i risultati più importanti che sono stati raggiunti contro questa malattia?

Negli ultimi venti anni sono stati fatti enormi progressi grazie allo sviluppo delle tecniche di genetica molecolare. Oltre alla continua scoperta di nuovi geni, si intravedono importanti prospettive attraverso il disegno di nuovi farmaci mirati a specifici meccanismi patogenetici oppure ad azione specifica su proteine mutate, fino ad una terapia genica sostitutiva nelle forme più gravi.

In particolare, analogamente a quanto accaduto in ambito oncologico, le scoperte della genetica nel campo dell’Epilessia ci hanno introdotto alla nuova era della cosiddetta ‘medicina di precisione’ che ha come obiettivo quello offrire al singolo paziente un trattamento che interviene sullo specifico difetto genetico e a volte sulla specifica mutazione causativa della sua Epilessia.

Ci sono diverse pubblicazioni scientifiche che evidenziano l’efficacia della Cannabis e dei suoi estratti nel contrastare l’epilessia, dal suo osservatorio come valuta questa opzione terapeutica?

Attualmente la comunità scientifica supporta l'uso del cannabidiolo (CBD) come terapia aggiuntiva a quella standard in bambini e giovani con forme rare di epilessia, come la sindrome di Lennox-Gastaut e la sindrome di Dravet, che classicamente non rispondono ai trattamenti.

Tuttavia, dal momento che nessuno studio ha mai usato il CBD da solo, non sappiamo ancora se il trattamento sia o meno efficace quando altri farmaci risultano inefficaci". I cannabinoidi sono stati proposti come trattamento aggiuntivo per l'epilessia e sono in corso numerosi studi clinici di fase 3 sull’utilizzo della molecola per le epilessie resistenti pediatriche e non.

Diversi Paesi hanno comunque approvato l'uso di cannabinoidi a scopo medicinale. Nella nostra esperienza, molti pazienti, affetti da patologia epilettica farmaco-resistente, hanno avuto notevole beneficio dalla terapia con cannabinoidi, nel senso di riduzione del numero delle crisi, vantaggi sul piano comportamentale e del ritmo sonno-veglia e, di conseguenza,  miglioramento della qualità della vita.

Esistono luoghi comuni e pregiudizi nei confronti di chi è affetto da questa patologia e dei suoi familiari. Secondo lei, sono stati fatti passi in avanti dal punto di vista culturale?

Numerosi, sono ancora i pregiudizi e, più in generale, gli stereotipi culturali che si trovano frequentemente ad affrontare le persone con epilessia.

Sono ancora molte, infatti, le persone che ritengono erroneamente che l’epilessia sia una malattia rara, oppure una malattia mentale con scarse possibilità di trattamento. E ancora che durante una crisi epilettica si diventi violenti, o che non si possa guidare, fare sport e, nel caso della donna, che questa abbia difficoltà a concepire o che le venga vietato di allattare.

E’ pertanto essenziale, più che mai, adottare un linguaggio corretto che faccia in modo che persone con epilessia non siano escluse per una condizione e siano sempre più risorsa per la comunità, anche di quella lavorativa.

Parlando di futuro, in una precedente intervista aveva parlato della necessità di “implementare le piattaforme integrate di ricerca”, a che punto siamo?

La ricerca genetica nell’epilessia rappresenta al momento una frontiera di studio altamente suggestiva e promettente. In particolare, negli ultimi anni, questo è stato possibile attraverso il sequenziamento esomico (esoma > cioè la porzione di genoma che codifica per le proteine) di tutte le regioni codificanti del genoma umano (esoni) in un vasto gruppo di pazienti, tra loro non correlati, confrontandoli con la sequenza di molteplici soggetti non affetti da queste patologie di diverse popolazioni.

Un esempio, è rappresentato dal progetto DISCOver, supportato dalla Onlus ENEA ‘Eroi in ricerca’, che si basa sul presupposto che per curare o, meglio prevenire, sia necessario conoscere le alterazioni genetiche che modificano il “programma” fisiologico di sviluppo della corteccia cerebrale per poter intervenire in maniera mirata.

Infatti le terapie riabilitative e farmacologiche possono nello scenario più ottimistico mitigare i sintomi poiché non dirette a modificare le cause alla base della patologia. Nei prossimi anni, l’applicazione sistematica di tale approccio a numerose patologie rare, la cui eziologia è ancora oggi ignota, consentirebbe di svelarne le cause genetiche e potrebbe rappresentare un passo essenziale verso un più efficace management clinico e lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate.

In Italia 500mila pazienti, “C’è molto lavoro da fare”

In Italia sono 500.000 le persone affette da Epilessia ed ogni anno, gli esperti calcolano circa 30.000 nuovi casi.

Si tratta di una delle più frequenti patologie neurologiche, che interessa tutte le fasce d’età, i bambini sono i più colpiti. Nei due terzi dei casi, infatti, la malattia si manifesta prima della pubertà”.

“Il trattamento delle epilessie in età pediatrica – ricorda Carmela Bravaccio, Direttore Rivista e Sito della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), Azienda Universitaria Policlinico Federico II Napoli - ha implicazioni particolarmente complesse ed è gravato da un ampio margine di arbitrarietà che ha origini multiple. Si raccomanda, soprattutto in età evolutiva, al fine di migliorare l’aderenza al trattamento, che vi sia sempre una informazione adeguata sulla patologia, una predilezione per regimi terapeutici semplici, visite periodiche tra i sanitari e le persone assistite, e che siano previsti interventi personalizzati diretti alle persone in cura e alle loro famiglie/caregiver per migliorare l’aderenza al trattamento”.

“Un primo elemento di grande complessità – prosegue la nota - nel trattamento risiede nella eterogeneità delle cause delle epilessie con esordio infantile e nella varietà dei sintomi, talvolta molto rari, di diversa gravità e con profili evolutivi spesso imprevedibili.  Un secondo elemento di complessità deriva dalla bassa specificità dei trattamenti disponibili. Per la maggioranza dei farmaci, infatti, il meccanismo di azione rimane poco conosciuto, spesso tanto quanto lo sono le cause che scatenano l’epilessia, ma non vi è nemmeno evidenza sul profilo di efficacia nella specifica condizione che si vuole trattare. Le cause di questa situazione risiedono non solo nella eterogeneità di cui sopra, ma anche nella macchinosità dell’iter che conduce alla autorizzazione e introduzione sul mercato di molecole ad azione antiepilettica”.

“E’ importante ricordare come in molti casi l’epilessia sia presente nell’ambito di patologie complesse con compromissione di molteplici aspetti del neurosviluppo che necessitano di una diagnostica e di una presa in carico negli anni che vanno ben oltre il solo trattamento delle crisi, e come questo rappresenti ancora il principale bisogno inevaso per gli utenti e per le famiglie. A differenza di altre patologie neuropsichiatriche infantili – conclude Antonella Costantino, Presidente della
SINPIA, UONPIA Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano  -, l’epilessia dispone della copertura di una buona rete clinica su tutto il territorio nazionale, anche grazie al lavoro fatto dalle Società scientifiche e, senza timore, si può affermare che non vi sono aree in cui la clinica sia deficitaria rispetto al resto d'Europa. Una condizione che consente di guardare al futuro con speranza”.

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