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C’è molta attenzione nella comunità scientifica e nell’opinione pubblica rispetto ai progressi e alle prospettive terapeutiche indagate dalla ricerca sugli effetti della cannabis a uso medico e dei fitocannabinoidi.

Un campo di grande interesse è l’utilizzo del CBD nel trattamento di forme di epilessia farmaco-resistente, ovvero la resistenza ai farmaci o la riduzione di efficacia del farmaco nel trattamento della malattia.

In particolare, 41^ Congresso Nazionale della Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE), che si è tenuto lo scorso 6 giugno a Roma, dove si è discusso su alcune forme rare e farmaco-resistenti di encefalopatia epilettica, come la sindrome di Dravet e la sindrome di Lennox-Gastaut.

È la prima volta – ha affermato il Prof. Oriano Mecarelli, epilettologo della Università La Sapienza di Roma e Presidente della LICE - che il tema delicato della terapia dell’epilessia con i derivati della cannabis si discute ufficialmente in occasione di uno dei nostri incontri scientifici”.


Cannabis Terapeutica, non solo THC

Giovanni Ambrosetto, neurologo dell’Università di Bologna, ha posto l’attenzione sul CBD, che oggi viene studiato come antiepilettico, quando fino a dieci anni fa, quando si discuteva di cannabis terapeutica, la ricerca era rivolta esclusivamente sul THC.

“C’è un grande entusiasmo sulle proprietà terapeutiche di questa molecola (CBD)”, afferma Ambrosetto che ha lanciato un messaggio ai medici:

“Dobbiamo imparare a conoscere le proprietà di queste sostanze come da sempre facciamo con gli altri farmaci antiepilettici, allontanando i pregiudizi che le accompagnano ma non credendo nemmeno a risultati miracolosi”.

 

 

Sì alla Cannabis, ma con cautela

La LICE vuole far chiarezza su molti aspetti che riguardo il trattamento dell’epilessia con derivati della cannabis, considerando che esiste ancora tanta confusione, sia tra gli operatori del settore che tra pazienti e familiari.

“Secondo recentissimi studi controllati pubblicati su autorevoli riviste internazionali – ha affermato Mecarelli –- il trattamento con CBD riduce la frequenza delle crisi epilettiche e migliora la qualità della vita nelle suddette forme di encefalopatia epilettica farmaco-resistente ad esordio in età infantile e quindi ora abbiamo evidenze scientifiche che il CBD è efficace come terapia aggiuntiva a quella standard”.


Intervista con Pasquale Striano

Nelle scorse settimane abbiamo avuto il piacere di intervistare e confrontarci sul tema con Pasquale Striano, Professore Associato di Pediatria, Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili (DINOGMI), Università degli Studi di Genova, - Istituto G. Gaslini.

In Italia oltre 500.000 persone sono affette da epilessia con circa 30.000 nuovi casi all’anno, i Cannabinoidi possono essere efficaci nella cura di questa patologia? Abbiamo abbastanza studi scientifici?

“L'uso di cannabinoidi per scopi medici - afferma Striano -  ha sempre sollevato discussioni. Tuttavia esistono sempre più prove che ne confermerebbero il potenziale. Quando si tratta di CBD l'efficacia terapeutica sembrerebbe reale”.
“Sono stati realizzati numerosi studi scientifici sul CBD, e con ragioni più che fondate. È stato infatti dimostrato in diverse occasioni, sia aneddoticamente che clinicamente, che esistono effetti positivi su una vasta gamma di condizioni di salute. Uno dei campi medici dove il CBD sta dimostrando di avere i migliori risultati sono i casi correlati all'epilessia, nella sua forma più grave”.

 

Ci sono abbastanza studi scientifici in Italia per asserire che la Cannabis può essere utilizzata in sicurezza dai pazienti?

In Italia esistono ancora pochissimi dati clinici disponibili. Al Gaslini di Genova sono stati seguiti, prima della Delibera Regionale n° 271/2016, e quindi con acquisto della terapia presso le farmacie private convenzionate, undici pazienti che hanno assunto, in passato e sotto stretta sorveglianza medica, cannabinoidi in diverse formulazioni.

Alcuni pazienti, affetti da patologia epilettica farmaco-resistente, hanno avuto notevole beneficio dalla terapia con cannabinoidi inteso come miglioramento sul piano EEG con riduzione dell’attività parossistica, miglioramento comportamentale e sul ritmo sonno-veglia.

Questi sono però solo isolati “case reports”, il problema è che fino ad oggi non esistono studi controllati e randomizzati, sui cannabinoidi e che, di conseguenza, è difficile esprimere giudizi nonostante i risultati ottenuti fino ad oggi sembrino essere promettenti.

 

Guardando al futuro, come valuta lo ‘stato’ della ricerca in Italia sul tema e quali sono dal suo punto di vista gli aspetti su cui bisognerebbe maggiormente investire?

La ricerca genetica nell’epilessia rappresenta al momento una frontiera di studio altamente suggestiva e promettente e si intravedono importanti prospettive attraverso il disegno di nuovi farmaci mirati a specifici meccanismi patogenetici, oppure ad azione specifica su proteine mutate, fino ad una terapia genica sostitutiva nelle forme più gravi (Medicina di Precisione).

In futuro, sarà fondamentale implementare le piattaforme integrate di ricerca. Inoltre, la realizzazione di reti di sperimentazione clinica consentirà l'espansione delle popolazioni campione di pazienti con epilessia geneticamente definita in modo da tradurre le nuove scoperte in un beneficio sul piano clinico.

Purtroppo l'epilessia è gravata ancora di un pesante stigma e sono ancora molte le persone che ritengono erroneamente che l’epilessia sia una malattia rara, oppure una malattia mentale con scarse possibilità di trattamento e poco compatibile con una vita ‘normale’. E ancora che durante una crisi epilettica si diventi violenti, o che non si possa guidare, fare sport e, nel caso della donna, che questa abbia difficoltà a concepire o che le venga vietato di allattare.

A contribuire all’eliminazione di stereotipi e pregiudizi, dunque, un linguaggio corretto che faccia in modo che persone con epilessia non siano escluse per una condizione e siano sempre più risorsa per la comunità, anche di quella lavorativa.

L’epilessia di per sé non impedisce, infatti, il normale svolgimento dell’attività lavorativa. Un grande epilettologo americano, Lennox, disse: “La persona con epilessia soffre più che per la sua malattia per tutto ciò che essa comporta, soprattutto a livello sociale”.

Questa affermazione, pur essendo trascorsi molti anni da quando è stata pronunciata, è ancora straordinariamente vera!