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Oggi parliamo di Epilessia, cercando di capirne di più attraverso un’intervista con il Professore Pasquale Striano, Dottore in Neurologia Pediatrica e Malattie Muscolari presso il ”G.Gaslini” di Genova.In Italia oltre 500.000 persone sono affette da Epilessia con circa 30.000 nuovi casi all’anno, i Cannabinoidi possono essere efficaci nella cura di questa patologia? Abbiamo abbastanza Studi scientifici? Di questo e non solo abbiamo parlato con il Dottor Striano.
 

Panorama Epilessie In Italia. Ci sono patologie epilettiche che hanno una correlazione con la genetica e quale ruolo gioca? È possibile operare in termini di prevenzione? 

L’Epilessia è una "malattia sociale" a causa della sua elevata incidenza pari all’1% circa della popolazione.

In Italia oltre 500.000 persone sono affette da epilessia con circa 30.000 nuovi casi all’anno, una persona ogni 17 minuti, con un picco di incidenza in età infantile e adolescenziale, infatti il 60-70% dei casi si manifesta entro i 20 anni di età.
 
L’Epilessia può essere causata da un “danno” cerebrale che intercorre prima o subito dopo la nascita, ad esempio per un difetto di ossigenazione del cervello nei primi attimi di vita, o per un parto difficile, da malformazioni del cervello, un errore di sviluppo, da malattie infettive del sistema nervoso (encefaliti), da traumi cranici gravi (per es. per incidenti stradali), da tumori cerebrali, da ictus (soprattutto negli anziani) e da malformazioni dei vasi cerebrali, ecc.
 
L’importanza di una predisposizione familiare nel determinare l’insorgenza del “morbo sacro” è nota fin dai tempi di Ippocrate.
 
Attualmente si ritiene che cause genetiche siano alla base della maggior parte di quelle epilessie che fino a qualche anno fa venivano definite senza causa apparente.

Negli ultimi vent’anni la “rivoluzione molecolare” ha avuto un importante impatto anche nella diagnosi e nel trattamento delle epilessie, in particolare di quelle idiopatiche che riguardano circa lo 0.4% della popolazione generale e costituiscono il 30% di tutte le epilessie.

Dottore, le notizie delle ultime settimane raccontano la storia di Billy Caldwell, il dodicenne britannico affetto da una grave forma di Epilessia, a cui in un primo momento è stato negato, per poi riceverlo, un Olio con estratti di Cannabis che ha contribuito a migliorare la qualità della propria vita. Non sono mancate le polemiche. Possiamo affermare con certezza che la Cannabis Terapeutica, intesa sia come ‘terapia’ con singolo cannabinoide (CBD), o in combinazione (THC e CBD), possa essere un rimedio efficace per alcune forme di Epilessia?
 

L'uso di cannabinoidi per scopi medici ha sempre sollevato discussioni. Tuttavia, per quanto non sia stato ancora riconosciuto ufficialmente dalle comunità mediche, esistono sempre più prove che ne confermerebbero il potenziale. Quando si tratta di CBD l'efficacia terapeutica sembrerebbe reale.
 
Sono stati realizzati numerosi studi scientifici sul CBD, e con ragioni più che fondate. È stato infatti dimostrato in diverse occasioni, sia aneddoticamente che clinicamente, che esistono effetti positivi su una vasta gamma di condizioni di salute. Uno dei campi medici dove il CBD sta dimostrando di avere i migliori risultati sono i casi correlati all'epilessia, nella sua forma più grave.

 

 

Ci sono abbastanza studi scientifici in Italia per asserire che la Cannabis può essere utilizzata in sicurezza dai pazienti?
 

In Italia esistono ancora pochissimi dati clinici disponibili. Nell’Istituto Giannina Gaslini in Genova sono stati seguiti, prima della Delibera Regionale n° 271/2016, e quindi con acquisto della terapia presso le farmacie private convenzionate, 11 pazienti che hanno assunto, in passato e sotto stretta sorveglianza medica, cannabinoidi in diverse formulazioni.
 
Alcuni pazienti, affetti da patologia epilettica farmaco-resistente, hanno avuto notevole beneficio dalla terapia con cannabinoidi inteso come miglioramento sul piano EEG con riduzione dell’attività parossistica, miglioramento comportamentale e sul ritmo sonno-veglia.
 
Questi sono però solo isolati “case reports”, il problema è che fino ad oggi non esistono studi controllati e randomizzati, sui cannabinoidi e che, di conseguenza, è difficile esprimere giudizi nonostante i risultati ottenuti fino ad oggi sembrino essere promettenti.
 

 

Sul web circolano molte informazioni, c’è il pericolo di imbattersi spesso in notizie non sempre corrispondenti al vero, la Cannabis non è la “bacchetta magica” che può essere utile in ogni caso, lei cosa consiglia a quelle persone che pensano alla Cannabis come Terapia?


È importante ricordare che il CBD non è ancora considerato una vera e propria medicina. Per quanto i risultati siano più che promettenti, non sono ancora conclusivi. Vi invitiamo, quindi, a consultare un medico in caso di dubbi.

 

Guardando al futuro, come valuta lo ‘stato’ della Ricerca in Italia sul Tema e quali sono dal suo punto di vista gli aspetti su cui bisognerebbe maggiormente investire?
 

La ricerca genetica nell’epilessia rappresenta al momento una frontiera di studio altamente suggestiva e promettente e si intravedono importanti prospettive attraverso il disegno di nuovi farmaci mirati a specifici meccanismi patogenetici, oppure ad azione specifica su proteine mutate, fino ad una terapia genica sostitutiva nelle forme più gravi (Medicina di Precisione).
 
In futuro, sarà fondamentale implementare le piattaforme integrate di ricerca. Inoltre, la realizzazione di reti di sperimentazione clinica consentirà l'espansione delle popolazioni campione di pazienti con epilessia geneticamente definita in modo da tradurre le nuove scoperte in un beneficio sul piano clinico.
 
Purtroppo l'epilessia è gravata ancora di un pesante stigma e sono ancora molte le persone che ritengono erroneamente che l’epilessia sia una malattia rara, oppure una malattia mentale con scarse possibilità di trattamento e poco compatibile con una vita ‘normale’. E ancora che durante una crisi epilettica si diventi violenti, o che non si possa guidare, fare sport e, nel caso della donna, che questa abbia difficoltà a concepire o che le venga vietato di allattare.
 
A contribuire all’eliminazione di stereotipi e pregiudizi, dunque, un linguaggio corretto che faccia in modo che persone con epilessia non siano escluse per una condizione e siano sempre più risorsa per la comunità, anche di quella lavorativa.
 
L’epilessia di per sé non impedisce, infatti, il normale svolgimento dell’attività lavorativa. Un grande epilettologo americano, Lennox, disse: “La persona con epilessia soffre più che per la sua malattia per tutto ciò che essa comporta, soprattutto a livello sociale”.
 
Questa affermazione, pur essendo trascorsi molti anni da quando è stata pronunciata, è ancora straordinariamente vera!

 

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