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La
Cannabis Terapeutica e il CBD in particolare possono avere una applicazione anche in ambito oncologico.

Se ne parla moltissimo e spesso si fa confusione.
Cannabis terapeutica e cannabidiolo (CBD) possono intervenire con successo sulle persone affette da cancro? Innanzitutto bisogna fare distinzione tra Cannabis terapeutica (un insieme di prodotti utilizzati in medicina) e il CBD (il cannabidiolo. Un principio attivo della pianta di cannabis). 

Per cannabis terapeutica si intendono quei farmaci a base di cannabinoidi – i principi attivi della cannabis – che sono stati sviluppati e approvati in un numero ormai consistente di paesi del mondo. Le concentrazioni dei vari principi attivi (i principali sono il cannabidiolo CBD e il Delta-9-tetraidrocannabinolo THC) contenute nei farmaci a base di cannabis vengono calcolate con estremo rigore. La cannabis terapeutica può essere prescritta a pazienti oncologici oppure può essere utilizzata – per la sua azione indiretta sul sistema nervoso centrale – per contrastare una condizione di dolore cronico. Il cannabidiolo, invece, altro non è che un singolo principio attivo della pianta di Cannabis sativa, utilizzato sempre più per affiancare un grande numero di terapie per via della sua azione indiretta sul sistema endocannabinoide dell’essere umano.

Nonostante venga sempre più utilizzata per affiancare le normali terapie, al momento non ci sono dimostrazioni che la cannabis o i suoi singoli principi attivi (come il cannabidiolo) possano avere un ruolo nel contrastare l’avanzamento di un tumore. Ci sono alcuni studi - nessuno di questi, però, condotto direttamente sull’essere umano - che hanno dimostrato che i cannabinoidi (i principi attivi della pianta di cannabis) possano avere un qualche effetto sulle cellule tumorali. Tuttavia non esistono, per il momento, studi clinici che dimostrino oltre ogni ragionevole dubbio, che la cannabis sia capace di curare la malattia.

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Cannabis e cancro: i risultati degli studi pre-clinici

“Come laboratorio di ricerca pre-clinica – afferma Massimo Nabissi, ricercatore e docente presso l’Università di Camerino intervistato sul nostro Blog - abbiamo svolto diversi studi relativi all’effetto del THC e CBD nel glioblastoma e nel mieloma multiplo. I dati ottenuti sono stati oggetto di pubblicazioni scientifiche e hanno contribuito all’avvio della prima sperimentazione clinica in pazienti con glioblastoma. Per il mieloma multiplo, i dati che abbiamo ottenuto sono stati oggetto d’interesse e presi in considerazione per avviare studi clinici, attualmente in fase di organizzazione”.

Saverio Cinieri, primario del reparto di oncologia dell'Ospedale Perrino di Brindisi, in un’intervista rilasciata a La Repubblica afferma che la Cannabis “può essere prescritta per la nausea e il vomito causati da chemioterapia, radioterapia o dalle terapie per Hiv. È indicata anche come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da Aids e nell’anoressia nervosa”. 

Tuttavia non bisogna illudere gli utenti, le patologie tumorali sono molto diverse tra di loro ed ogni caso specifico richiederebbe una terapia mirata.

“I cannabinoidi hanno dimostrato (in studi pre-clinici) - afferma Nabissi -  di funzionare in diverse patologie tumorali (polmone, seno, glioblastoma, pancreas, prostata, mieloma multiplo, melanoma), agendo come anti-tumorali e migliorando la risposta biologica dei chemioterapici, quando utilizzati in combinazione con cannabinoidi. Quindi quando si parla o si pubblicizza ‘la molecola che cura il cancro’, qualunque essa sia, è un modo scientificamente poco corretto di spiegare un risultato scientifico e si rischia di illudere i pazienti affetti da tumore”.

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