Negli ultimi anni si sta diffondendo un nuovo modo di fumare: la vaporizzazione. Utile sia per i fumatori indefessi che vogliono trovare un mezzo più salutare per farlo, che per coloro i quali, invece, vogliono assumere la cannabis light in modo più efficace. La consistente domanda ha portato alla commercializzazione di un’immensa varietà di vaporizzatori, adatti a tutte le tasche e alle esigenze. Per scegliere quello più adatto è necessario innanzitutto aver ben chiaro che cosa si vuole comprare e l’uso che se ne intende fare. Andremo quindi, in questo articolo, a toccare diversi punti: Perchè comprare un vaporizzatore Come funziona un vaporizzatore Quale vaporizzatore scegliere Come effettuare una corretta manutenzione del vaporizzatore Perché comprare un vaporizzatore? Il vaporizzatore è uno strumento molto utile per coloro che ricercano gli effetti benefici e rilassanti di un “joint” di CBD, anche senza essere dei fumatori. Non serve usare il tabacco e, soprattutto, si inala esclusivamente vapore e non le sostanze cancerogene che derivano dalla combustione, presenti in una sigaretta normale o in una “canna”. Benché la spesa iniziale possa sembrare elevata, un vaporizzatore sul medio periodo porta ad un risparmio sia economico (ha bisogno di una minore quantità di cannabis per ottenere gli stessi effetti della fumata tradizionale), sia in salute. Inoltre, la vaporizzazione permette di utilizzare l’intera quantità di erba essiccata, senza che essa venga sprecata - cosa che può succedere se non si è pratici nell’aspirare il fumo di un normale joint. Come funziona un vaporizzatore? Generalmente un vaporizzatore è costituito da tre componenti principali: il boccaglio, la camera di riscaldamento e la batteria. Per “fumare” si deve caricare la camera di riscaldamento, detta anche braciere, e selezionare la temperatura ideale. Si tenga presente che il CBD vaporizza tra i 160° e i 220°. Per scegliere la giusta temperatura bisogna impratichirsi un po’: può variare da modello a modello, da persona a persona, o a seconda dell’effetto che si vuole ottenere. Raggiunto il punto di evaporazione, si potrà inalare il CBD sotto forma di vapore. La principale differenziazione tra i modelli in commercio si riscontra nel metodo di vaporizzazione: questa può avvenire per conduzione, oppure per convenzione. Nel primo caso, l’elemento riscaldante è a contatto con il CBD (che sia sotto forma di erba essiccata, di cristalli o di liquido concentrato, non fa differenza). La temperatura a cui le molecole di un CBD di alta qualità iniziano ad evaporare viene raggiunta piuttosto velocemente e la nuvola di vapore che si crea dall’espirazione è molto densa. Lo svantaggio di questo metodo è che non si ha il pieno controllo della temperatura, e, superati i 200°, è probabile che si verifichi una parziale combustione. Di conseguenza il sapore del vapore risulterà più acre e la consistenza meno “pulita”. La seconda modalità è la convenzione: il riscaldamento del composto avviene in modo indiretto tramite un getto di aria calda dal basso verso l’alto. Il vantaggio di questo metodo è la fuoriuscita di un vapore piacevole e senza il rischio di combustione e un maggior controllo del dispositivo. Lo svantaggio consiste in un tempo maggiore per raggiungere la temperatura e un maggior costo del vaporizzatore. Quale vaporizzatore scegliere? Abbiamo già compiuto una distinzione tra due tipi di vaporizzatori: quelli a conduzione e quelli a convenzione. A ciò bisogna aggiungere che i primi sono per lo più dispositivi portatili, più semplici ed economici mentre i secondi si presentano come modelli “da tavolo”, più ingombranti ma con maggiori funzionalità dei loro rivali. Da ciò risulta chiaro che intervengono altri fattori ad influenzare la scelta del consumatore: le dimensioni e la portabilità, ma anche i maggiori “optional” dei vaporizzatori da tavolo. Sotto i 100 euro, si possono trovare i dispositivi portatili. Questi si presentano con un design semplice ma funzionale e sono costruiti con materiali di buona qualità. Ovviamente, più il prezzo è ridotto, minore sarà il periodo di garanzia, i dettagli meno rifiniti, e inferiore la durata della loro vita. Sono consigliati come opzione “entry level” e per coloro che pensano di impiegarli occasionalmente. I vaporizzatori da tavolo sono adatti per chi sa che ne farà un uso massiccio ed esclusivamente all’interno delle mura domestiche. Le forme e le dimensioni variano da modello a modello, il design è curatissimo, i materiali eccellenti, il display a led, la temperatura perfettamente regolabile a seconda delle proprie esigenze e il braciere decisamente più capiente. Il prezzo sale a più di 300 euro ma la durabilità e l’efficacia sono garantite. Ulteriori distinguo si possono compiere una volta che si ha ben chiaro cosa si ha intenzione di fumare con il proprio vaporizzatore. Alcune tipologie consentono sia l’uso di liquidi come nelle sigarette elettroniche e insieme di fiori e cime, altri sono specifici per la cannabis e le erbe aromatiche oppure per gli oli e le cere. Il target di utenti raggiunto da questi dispositivi è decisamente più ampio di quello delle sigarette elettroniche. Comprende, infatti, i consumatori di cannabis, CBD e i tradizionali fumatori. Come prolungare la vita del proprio vaporizzatore: la manutenzione Rispetto alla “canna”, il vaporizzatore non è usa e getta. Un buon modello può essere sfruttato per anni, se si prendono i giusti accorgimenti. I dispositivi attualmente in commercio sono generalmente dotati di un loro kit di pulizia comprendente: una spazzola, uno scovolino, l’alcol isopropilico e quello denaturato, ma si può ricorrere anche a cotton fioc, acqua, spazzolino e strofinaccio. Il vaporizzatore va pulito regolarmente. Per farlo è necessario smontarlo nelle sue componenti principali: boccaglio, camera di riscaldamento e batteria. La camera deve essere liberata dai residui di erba esiccata o cristalli di cbd (o di liquido) per farlo si deve procedere ad una grossolana pulitura con lo spazzolino ed infine ad una più accurata con l’acqua. Si raccomanda di non servirsi dell’alcol in questa fase o si potrebbe danneggiare la delicata componente. La pulizia del boccaglio, la parte più sensibile dal punto di vista igienico, va effettuata con l’ausilio dell’alcol denaturato e di acqua calda. Per la batteria, invece, basterà una spolverata. Un processo che non richiede un grande spreco di tempo, ma necessario per un dispositivo così utile e delicato. Insomma, il vaporizzatore si presenta come uno strumento versatile, adatto sia a fumatori che a semplici appassionati di CBD, utile per chi non vuole rinunciare all’ebrezza della fumata, anzi, della “svapata”, ma che ha a cuore anche la propria salute. Non dimentichiamoci che il vapore entra nelle vie respiratorie ad una temperatura molto più bassa del fumo e senza trascinare con sé sostanze cancerogene. Una soluzione che permette di godere appieno delle proprietà della cannabis light, con un occhio di riguardo anche per i nostri polmoni!
L’Italia è stata, nei primi anni del XX Secolo e sino al 1939, il Paese leader nella coltivazione e nella produzione di tessuti a base di Canapa. Da secoli questa pianta è apprezzata per la sua resa, versatilità e resistenza; ciò che ha frenato la sua diffusione e il suo impiego dell’industria, sono stati il proibizionismo degli Anni ‘50 - che l’ha condannata come “droga” - e le fasi di raccolta e raffinazione della fibra tessile, un tempo eseguite manualmente e con sforzi e tempi maggiori di quanto avvenisse col cotone. Eppure, con le moderne tecnologie, un utilizzo su larga scala della canapa nell’industria è possibile e anche auspicabile: molte aziende si stanno interessando a questo prodotto e anche a livello di normativa europea si stanno facendo molti passi avanti per legittimarne e regolarne l’uso. Ma quali sono i benefici della coltivazione della canapa? In quali settori può essere impiegata? L’utilizzo industriale della canapa offre molti vantaggi dal punto di vista economico e altrettanti benefici dal punto di vista ambientale. Questa pianta si presenta come una delle principali risorse per combattere i cambiamenti climatici, l’eccessiva produzione delle plastiche e il monopolio energetico dei combustibili fossili, così dannosi per il nostro pianeta. L’industria della cannabis dimostra di essere anche altamente sostenibile e, soprattutto, a basso impatto ambientale. Vediamo nel dettaglio i settori in cui si suddivide. La coltivazione della canapa La coltivazione della canapa ha origini millenarie. I cinesi la impiegavano per produrre carta e cordame, i fenici per tessere le vele delle loro veloci navi. In Italia, come si è anticipato, si era creata una proficua filiera che dalle piante giungeva sino alla fibra tessile e alla creazione di resistenti e versatili tessuti. L’arrivo e la diffusione del cotone ha posto fine a questo fiorente settore, insieme alla messa al bando della marijuana. Al giorno d’oggi si sta cercando di recuperare le antiche conoscenze di lavorazione, applicandovi tecnologie altamente innovative per abbattere i costi e ottimizzare la produzione. Nel bergamasco, per esempio, la crescita e la maturazione delle piante è monitorata da speciali sensori “hi-tech”. La canapa è molto versatile e ogni sua parte può essere utilizzata in diversi processi industriali. La sua resistenza le permette di adattarsi al clima di diverse latitudini e a richiedere un’esigua quantità di fertilizzanti e pesticidi per crescere. Ha inoltre un’ingente resa produttiva in massa vegetale: si eleva anche per 4 metri di altezza e le piante possono crescere velocemente anche con pochissimo spazio l’una dall’altra. Questa inusuale “densità” dei coltivi impedisce la nascita di erbacce e piante infestanti, sanificando il terreno. Le radici della canapa poi, riescono ad assorbire i metalli pesanti che inquinano i campi (come il mercurio) sino a 4 metri di profondità. Tessuti di canapa L’elaborazione di nuovi macchinari ha permesso di creare tessuti a base di canapa, non più spessi e ruvidi, ma leggeri, fini e della stessa consistenza, al tatto, del lino. L’Europa, negli ultimi anni, sta cercando di colmare il gap che la separa dalla Cina, la quale, approfittando dell’abbandono della canapa da parte dell’Occidente, ne è diventata il principale produttore. Nella moda questa fibra biodegradabile si sta diffondendo velocemente, a beneficio dei produttori di canapa e dell’ambiente. Rispetto al cotone, infatti, questa pianta necessita di molta meno acqua e pesticidi. Giorgio Armani si è dimostrato essere assai lungimirante, rispetto ai suoi colleghi, dal momento che già nel 2000, aveva lanciato una linea di jeans di canapa. La canapa in edilizia In edilizia, la canapa si sta rivelando avere molteplici possibilità di impiego e una grande sostenibilità. Si può utilizzare per fabbricare mattoni, tavole, al posto del cemento oppure, soprattutto, come materiale isolante. Le “eco-case” rivestite di canapa, infatti, restano fresche d’estate - scoraggiando così l’uso inquinante dell’aria condizionata - e molto calde d’inverno, limitando di molto l’impiego di sistemi di riscaldamento. I vantaggi sono evidenti: sia per l’ambiente, che per le nostre tasche! Per pubblicizzare l’uso della canapa nell’edilizia e sensibilizzare l’opinione pubblica, la European Industrial Hemp Association (EIHA) sta progettando di costruire l’intero villaggio olimpico delle Olimpiadi di Parigi 2024 esclusivamente con materiali derivati da questa portentosa pianta. La plastica organica a base di canapa Nei primi anni del XX Secolo, Henry Ford, imprenditore e gigante dell’industria automobilistica, ha stupito il mondo intero con una strepitosa quanto incompresa invenzione: la Ford Cannabis, una macchina costruita esclusivamente in plastica di canapa (persino i finestrini) e funzionante con etanolo di cannabis. Era il 1937. La guerra e la successiva morte di Ford hanno sancito la fine per questo prototipo che ancora oggi farebbe paura alle grandi industrie dell’auto e alle compagnie petrolifere per la sua indiscutibile modernità. Senza ambire a tanto, la canapa può essere attualmente impiegata per la produzione di bioplastiche. Adatte alla creazione di imballaggi e contenitori biodegradabili. Carta di canapa Non è una novità che si possa usare la canapa per la produzione di carta: infatti essa contiene al suo interno una cospicua percentuale di cellulosa e il suo impiego potrebbe salvare moltissimi alberi dall’abbattimento. La carta derivata dalle fibre di canapa risulta essere molto resistente e di altissima qualità. Può essere interessante sapere che il primo libro a stampa della storia, la Bibbia di Gutenberg, era formato da fogli di canapa! Le componenti necessarie per la produzione della carta sono la parte legnosa (canapolo) e la stoppa della pianta, la stessa da cui, in contemporanea, si possono ricavare la fibra per l’industria tessile e l’olio e i semi per quella alimentare. È evidente quanto questo possa essere vantaggioso per l’ambiente. In conclusione, si è visto come la canapa, se valorizzata, potrà contribuire alla messa a punto di un’industria sostenibile e dal basso impatto ambientale con benefiche ripercussioni sull’economia mondiale e sul benessere di ogni individuo. Un tesoro che gli antichi già conoscevano e sfruttavano e di cui noi dobbiamo tornare padroni e fruitori. Con l’aiuto della tecnologia, l’intraprendenza imprenditoriale e la corretta informazione si possono sfatare tutti i pregiudizi che riguardano questa pianta e costruire un mondo migliore, più pulito e sostenibile.