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Olio di CBD e Diabete di Tipo 1: cosa dice la Scienza?

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Rapahel Mechoulam, è un biologo e chimico israeliano, colui che ha scoperto e sintentizzato nel 1964 il tetraidroccabinolo, il THC, il maggiore principio attivo della Cannabis.

Oggi Mechoulam, 87 anni, vive a Gerusalemme ed è stato autore di oltre 400 pubblicazioni scientifiche. In un’intervista di Mario Catania Mechoulam affermava: “Molto probabilmente la cannabis terapeutica con vari rapporti di CBD/THC sarà una soluzione valida per molto tempo. Anche varietà mediche con terpeni meglio definiti diventeranno prodotti commerciali. Parallelamente anche il CBD puro sarà sul mercato e poco dopo composti sintetici di CBD saranno introdotti dalle compagnie farmaceutiche e probabilmente anche agonisti sintetici dei recettori CB2, che non si legano ai recettori CB1 e quindi non sono psicoattivi, ma hanno un effetto potente sui recettori CB2”.

Nel 1999 l’International Cannabinoid Research ha istituito in onore del professore il “Raphael Mechoulam Annual Award in Cannabinoid Research”.


Mechoulam ha studiato come il CBD possa essere efficace per la cura del Diabete di tipo 1. Di cosa si tratta? Il Diabete di tipo 1 si caratterizza per un eccesso di zucchero nel sangue.


Nello studio condotto sui topi, partendo dal dato che il diabete si verifichi intorno all’età di quattordici settimane, secondo lo Studio, il cannabidiolo somministrato durante le prime 6-7 settimane ha diminuito la percentuale di topi colpita dal diabete. Solo il 30% aveva sviluppato questa malattia, mentre coloro che avevano ricevuto il placebo erano il triplo.


Nel 2015 l’ISA Scientific, la cui mission è quella di migliora le salute delle persone fornendo terapie con prodotti a base di prodotti non psicoattivi, ha stipulato un accordo il Centro Medico Hadassah di Gerusalemme e dell’Università Ebraica di Gerusalemme, dove il Prof. Mechoulam opera.

Come dimostrano le ultime ricerche del Prof. Mechoulam l’azione del cannabidiolo potrebbe acquisire un’importanza sempre maggiore, dimostrando che è possibile adattare ogni cannabinoide a seconda del ricevitore per rendere il sistema ancora più reattivo all’assorbimento dei prodotti a base di cannabinoidi.


Chaim Lotan, ricercatore press l’Hadassah Medical Center ed il suo team, hanno testato il cannabidiolo su topi con attacchi cardiaci dovuti da un insufficiente apporto di sangue in alcuni tessuti.

I topi che hanno ricevuto una dose di cannabidiolo hanno sofferto molto meno di infarto rispetto a coloro che non lo hanno ricevuto dimostrando con questo risultato l’azione antinfiammatoria del cannabidiolo.

Le conclusioni del nostro articolo evidenziano come nel prossimo futuro la Cannabis Terapeutica potrebbe avere un ruolo sempre maggiore e fondamentale offrendo a milioni di cittadini un’opzione in più!

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