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Incontriamo sempre più spesso il termine “Olismo”, che viene applicato al settore delle medicine “complementari”, conosciute meglio come “alternative”. Cosa significa questo termine e che differenza esiste fra questo approccio e le cure della medicina convenzionale? Possiamo unire la medicina convenzionale con le pratiche olistiche per arrivare ad una medicina integrata? Diamo un occhiata…

 

Il tutto è maggiore della somma delle parti”

Il termine Olismo trova le sue radici nel greco, dove “olos significa “tutto”, “intero”.

Si riferisce inoltre al concetto filosofico di Aristotele che propone un “ tutto che è maggiore della somma delle parti”.  Abbiamo quindi il concetto di un “tutto” che è un insieme “di tanti” (un sistema complesso) nel quale ogni singola parte, che esprime il proprio compito e le proprie caratteristiche, ha una migliore resa di quanto non l’abbia in uno stato “di isolamento” – stato impossibile alla sopravvivenza, fra l’altro.

E’ un punto di vista che parla anche di come l’unione fa la forza e fa sottintendere inoltre che quando separiamo le parti dal tutto senza poi riunirle, perdiamo tantissime informazioni le quali parlano di come interagisce ogni parte con le altre parti nel loro contesto di unione. Perdiamo di vista come la funzione delle altre parti e della totalità influenzano  il funzionamento della singola parte e viceversa; non riusciamo a captare l’importanza della relazione.

Tenendo quindi conto di come ogni singola parte con le proprie caratteristiche e le proprie competenze agisce nel suo ambiente intimo e nel ambiente esterno in cui si muove, significa conoscere meglio i motivi per cui questa parte esce da uno stato di armonia, comincia a funzionare male in relazione al resto del sistema di cui fa parte, impattando poi sul funzionamento del sistema intero.

 

“Il tutto nelle cure mediche convenzionali e nelle cure “alternative”

Seguendo questo concetto filosofico dal significato profondo e intricato, applicabile in ogni campo della vita, l’impostazione di cura olistica si approccia alle persone che cercano una salute migliore ed un maggiore benessere, come ad esseri viventi fatti di un’unità di tante parti (psico-fisico-emotivo-spirituale), detto “microcosmo”, a sua volta parte di un’unità fatta di tante parti (esseri viventi, ambiente sociale, culturale, naturale, universale), il “macrocosmo”.

Lungi da voler togliere valore alle pratiche mediche che salvano vite umane tutti i giorni, c’è l’intenzione invece di aggiungere qualcosa, qualcosa che viene spesso descritta come “alternativa” mentre invece il termine “complementare” descrive molto meglio le caratteristiche di questa impostazione; non dobbiamo dimenticare il fatto però che l’uno è complementare all’altro, senza valori di maggiore e minore.

Vediamo perché.

La grande differenza fra i due approcci è che la medicina convenzionale è basata su metodi analitici, cioè, dal totale prende le parti, che divide in parti sempre più piccole per arrivare alla comprensione del funzionamento di queste piccole parti (quindi ne vengono valutate le caratteristiche nello stato isolato, fuori dal suo contesto) e per tentare di scoprire in seguito il perché non stanno funzionando nel modo “corretto”. Il disordine viene poi aggiustato, spesse volte con le medicine di sintesi e nel migliore dei casi con qualche consiglio in merito allo stile di vita. Per esemplificare: una persona che va in visita dal medico perché ha un’infezione urinaria, si vede spesse volte prescritta antibiotici che lavorano sul sintomo (l’infezione) e ne tolgono le tracce che portano alle cause (per quali motivi è venuto?).  A prescindere dal fatto che un antibiotico non ha un’azione mirata ma globale su tutti i batteri (buoni e cattivi), il fatto che le vie urinarie fanno parte di un organismo dalle parti interdipendenti  e collaboranti (tutto il resto del corpo, ma anche le emozioni, i pensieri, i vissuti) viene poco o per niente preso in considerazione e quindi, “tolto il disturbo, tolto il problema” spesse volte non vale e come impostazione non ha esiti risolutivi –si passa alla ricorrenza del disturbo o la deviazione del disturbo su altre parti del corpo.

L’approccio olistico invece va a ricomporre i pezzetti individuati a livello analitico per far tornare al senso dell’unità perso per causa della “de-composizione” convenzionale. Quindi oltre a trattare il sintomo, fa una ricerca psico-fisico-emotivo in relazione all’ambiente interno ed esterno per comprendere il perché della sua comparsa. Detto in un altro modo, cercando la relazione fra il sintomo e come sta la parte nel tutto (corpo) e il tutto (essere umano) sta nel suo contesto (mondo),l’approccio olistico avrebbe la capacità di trovare una risoluzione definitiva della problematica – va segnalato che per la complessità delle cause che stanno alla base di diversi sintomi di varia gravità e l’impossibilità di ottenere tutte le informazioni necessarie,  c’è ancora molta strada da fare.

Valutando il suddetto, se integriamo la cura del sintomo secondo la medicina convenzionale non solo con medicine più naturali e meno dannose di quelle di sintesi, ma anche con un percorso che porta all’accoglienza e alla comprensione della sua comparsa – dove si accetta, si prende in mano e si può gestire – con l’aiuto delle pratiche olistiche (trattamenti manuali, lavori corporei, psicodramma per nominarne alcune), stiamo veramente prendendo cura della persona “integrale ed integrata” e non stiamo solo trattando un disturbo in un organo o una parte del corpo che è andato fuori equilibrio, come se fosse una questione sua specifica.

Si può dire a questo punto che dove la medicina convenzionali dall’approccio analitico separa per capire e poi trattare, le cure olistiche riuniscono, ricomponendo il puzzle della nostra vita, fatto di tanti pezzi, stimolando inoltre nella persona la consapevolezza e la responsabilità del proprio benessere.

 

“Mi prendo cura di me”

Quando sentiamo parlare di responsabilità avvertiamo una sensazione di carico che volentieri vorremmo accantonare, perché di responsabilità ne abbiamo già tanti; e quello che spesso deleghiamo è proprio la cura della nostra salute, del nostro benessere. Quindi per evitare questa accezione poco stimolante possiamo vivere il concetto di responsabilità per la propria salute, la propria vita, la propria felicità come un “prendersi cura di se”; dare valore alla propria esistenza, al proprio corpo, al proprio sentire ed agire nel mondo e mantenerne uno stato di salute al meglio possibile. Effetto collaterale positivo: se noi stiamo bene con noi stessi, siamo più positivi e propositivi nei confronti degli altri, interagiamo in modo più costruttivo con il nostro mondo interiore ed esteriore. Se stiamo bene, facciamo stare bene. Se stiamo male facciamo preoccupare o stare male o diamo a volte (addirittura) fastidio.

Inoltre il prendersi cura di se, ci dona un senso di libertà che non ha l’accezione della trasgressione, ma del riuscire ad autogestirsi senza il bisogno di riferirsi ad altri, che ci devono “salvare” da stati di salute o benessere poco equilibrati. Questo è un altro punto fondamentale dell’approccio olistico.

 

“Il tutto nella cura di me”

Quando vogliamo aumentare il nostro benessere, dobbiamo quindi mettere nel piatto tutta la nostra vita ed i suoi molteplici aspetti: “come mi alimento, come curo il mio corpo a livello esteriore ed interiore, quanto do ascolto ai miei bisogni e sogni, come esprimo chi sono, come agisco nella vita e che effetti genera questo mio modo di fare, sia su di me stessa sia sugli altri”. Questi sono tutti punti da tenere in considerazione per stare bene a 360°. Farci delle domande implica volerci dare delle risposte e se le cerchiamo dentro di noi, possiamo valutare come aggiustare il tiro nei vari campi della vita per migliorarla, migliorarci.

Non dobbiamo lasciar fuori nessun aspetto, tutti sono importanti perché ognuno co-crea il tutto che siamo ed il tutto di cui facciamo parte.

Senza voler prendere sotto esame ognuno dei suddetti quesiti, possiamo accennare che l’ascolto del proprio “se” è fondamentale: come reagisce il mio organismo quando mangio una cosa piuttosto che un'altra? Come sto quando mi succedono certe cose? Come mi sento al lavoro o in famiglia? Dove trovo momenti di pace e rilassamento totale? Quali reazioni automatiche non costruttive scattano in me quando incontro situazioni di un certo tipo? Quando avremo trovato le risposte, possiamo cominciare a progettare per attuare dei miglioramenti in tutti i campi in cui non ci sentiamo in equilibrio. Le varie pratiche olistiche possono essere un valido sostegno (fito/floriterapia, massaggi, percorsi di counseling, pratiche meditative e posturali, consigli nutrizionali ecc.).

Il vero miglioramento della nostra salute porta in se implicitamente una revisione totale del nostro essere.

 

“Il valore della relazione; simbiosi e sinergia nelle piante curative”

Abbiamo bisogno del mondo per esserci. Possiamo pensare anche solamente all’ossigeno o il cibo per esserne sicuri,  per comprendere che siamo intrinsecamente collegati a tutto quello che ci circonda e che è il nostro relazionarci che crea la nostra vita e quella degli altri. Siamo esseri relazionali, collaboranti e funzioniamo sinergicamente con quello che sta attorno a noi, come le piante.

Quindi, così come noi “funzioniamo” bene se siamo in relazione in modo armonioso, empatico e equilibrati, anche le piante curative, si esprimono al meglio quando vengono utilizzati interi; per scopi medici la pianta intera ha un valore completamente diverso di quanto non l’abbia una singola parte della pianta.

Prendiamo il CBD (cannabidiolo). Se isoliamo la molecola dal resto dei componenti della Cannabis, le sue ottime proprietà non vengono più sostenute e/o catalizzate dalle tante altre molecole (cannabinoidi, terpeni, acidi grassi, flavonoidi, carboidrati sono solo alcuni) e avranno un effetto minore sulla nostra salute. Per contro, se estraiamo dalla Cannabis tutti i principi attivi che si trovano riuniti nella pianta, proprio perché sono perfetti insieme, vengono mantenute le proprietà sinergiche; questo ci riporta al concetto filosofico di Aristotele, “il tutto è maggiore della somma delle sue parti”. 

E’ per questo motivo per cui anche i cibi integrali, naturali rispetto a quelli raffinati, “industriali” hanno valori nutrizionali maggiori, sono più equilibrate e maggiormente accolti dal nostro organismo.

 

Una medicina integrata – sogno del futuro o già realtà?

Dopo diverse ma solo alcune delle possibili considerazioni sul valore della relazione a livello vitale, possiamo tornare all’attuale posizione antagonistica fra convenzionale e olistico-complementare.

Non sarebbe un sogno vedere una collaborazione fra le conoscenze della medicina classica e quelle della nuova impostazione di cura? Ciò a cui gli operatori olistici vogliono arrivare è una medicina che integra i metodi convenzionali con quelli dette complementari, anche se questo termine andrebbe usato per entrambi gli approcci: si completano e si migliorano a vicenda, diventando una modalità di cura della “persona olistica”.

Già ci si sta timidamente muovendo sulla strada dove vari professionisti sono riuniti in studi medici per trattare le persone da più punti di vista. Negli ospedali avanzati cominciano ad usare dispositivi che nascono nel contesto della meccanica quantistica applicata. La prescrizione di prodotti fitoterapici (pensiamo nuovamente al cannabidiolo (CBD) può essere fatta dal nostro medico di famiglia – dalle vedute larghe.

Siamo quindi all’inizio di un nuovo modo di curare la persona, che non è più solo una cavia su cui provare dei medicinali nuovi o una malattia da combattere, ma un essere con un valore sia individuale che contestualizzato.

Teniamo d’occhio i progressi.

 

Fonti

I dialoghi del corpo. Un approccio olistico alla salute e alla malattia - Adriana Schnake 

Il counselor olistico – Valerio Sgalambro
       

Web

http://www.fisicisenzapalestra.com/fisica/sistemi-complessi/ 

http://psiconautica.in/index.php/sostanze/21-evaesthetica/2629-chimica-dei-                             fitocannabinoidi-e-altri-costituenti-della-cannabis

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