Una delle domande che ci vediamo fare più spesso riguarda la componente psicotropica del CBD, ovvero se la sua assunzione provochi o meno alterazioni o quello che viene più gergalmente chiamato "sballo".
In questo articolo andremo quindi ad approfondire questo tema e rispondere alla domanda.
Ancora oggi sono molte le persone che si domandano se il cannabidiolo, uno dei principali principi attivi della pianta di cannabis, possa “sballare”: ovverosia alterare la percezione della realtà nelle persone che lo assumono.
Si tratta di una domanda generata dalla confusione sugli effetti sul sistema nervoso dei due principi attivi principali della pianta di cannabis: il THC e il CBD. I
l CBD non “sballa”, Il THC sì. Entrambe, però, sono sostanze che hanno effetti psicoattivi, come quelli ansiolitici e rilassanti. Per capire bene di cosa si sta parlando, però, è bene fare chiarezza sui termini da usare.
Psicotropo e psicoattivo sono due termini che vengono impiegati come sinonimi per indicare una qualsiasi sostanza che agisce sulle funzioni psichiche. Tra le sostanze che possono agire sulla psiche ci sono vari classi di medicinali, stupefacenti e sostanze utilizzate in autonomia grazie a un profilo di sicurezza ottimo.
Per stupefacente, invece si intendono quelle sostanze psicoattive più o meno nocive per l’organismo e capaci di provocare diverse alterazioni percettive. Nel senso comune, gli stupefacenti possono provocare tolleranza, assuefazione e dipendenza e sono considerati sinonimo di “droghe”.
Il punto è che spesso i termini psicotropo/psicoattivo e stupefacente sono considerati sinonimi mente la realtà è diversa. Tutti gli stupefacenti sono psicoattivi ma solo alcune sostanze psicoattive sono considerate stupefacenti.
No. Il CBD non altera la percezione della realtà, a differenza dell’altro principale principio attivo della Cannabis: il THC. Il motivo risiede nel diverso modo con cui i due cannabinoidi agiscono nei confronti dei recettori denominati CB1 del sistema endocannabinoide. Il THC si lega ai recettori CB1 e li stimolano, “imitando” l’anandamide: un endocannabinoide prodotto naturalmente nel cervello detto anche la “molecola della beatitudine”.
Il cannabidiolo (CBD), invece, è considerato un “antagonista” dei recettori CB1 e, addirittura, agisce anche inibendo la possibilità del THC di attivare questi recettori, riducendone così gli effetti psicoattivi.
La Legge 2 dicembre 2016, n. 242, intitolata “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” è entrata in vigore il 14 gennaio 2017 e rivolta ad agricoltori e produttori di canapa e non riguarda direttamente l’utilizzo della cannabis da parte del consumatore. Il testo di riferimento, in questo caso, è il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309 – “Testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti” che limita allo 0,2 la soglia di quantità di principio attivo - THC, in questo caso - prima che un prodotto venga considerato stupefacente. In altre parole, il cannabidiolo non è considerato uno stupefacente così come non lo sono i prodotti che rispettano la soglia di THC indicata.
Il cannabidiolo, inoltre, non rientra tra le sostanze che vengono ricercate nei comuni test antidroga che vengono effettuati saltuariamente sul luogo di lavoro e non è elencato tra le sostanze stupefacenti illegali.
Nella momentanea incertezza che domina il mercato e le leggi che guidano la produzione e il mercato della cannabis, l’unico vero suggerimento è quello di utilizzare prodotti che siano garantiti, frutto di una coltivazione e produzione condotte con metodi rigorosi e che rechino sull’etichetta le esatte percentuali di principio attivo contenuto.