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Ogni giorno in Italia migliaia di persone ricorrono alla Cannabis per curare patologie e rendere qualitativamente migliore il proprio quotidiano.

Storie comuni che Fabrizio Dentini ha raccolto nel libro “Canapa medica, frammenti di resistenza sanitaria”, dove emerge in maniera netta l’efficacia terapeutica della Canapa e allo stesso tempo le difficoltà che i pazienti hanno nel reperirla, visto che la produzione della cosiddetta “Cannabis di Stato” è del tutto insufficiente a soddisfare la domanda.
 
In questa intervista con Dentini parleremo del suo libro e non solo, cercando di delineare un quadro generale sullo stato dell’arte in Italia.
 
 
Perché scrivere un libro sulla canapa medica?
 
Nel caso della Canapa Terapeutica la mia inchiesta vuole proporre un approccio meno ideologico e più laico alla sostanza cannabis in maniera che si possa giudicare il suo merito medico senza i pregiudizi che spesso si legano a questo medicamento.

Il libro vuole insomma mettere in rete fra loro i pazienti, facendoli uscire sulla ribalta pubblica e quindi politica, mettere i pazienti in contatto con i medici e in generale con il resto della società.

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Cosa è cambiato nel panorama culturale italiano degli ultimi anni?

Credo sia cambiato molto, ma che ci sia ancora moltissima strada da percorrere per normalizzare questo trattamento medico e renderlo fruibile a chi ne ha bisogno serenamente e senza le attuali vicissitudini.
 
I principali cambiamenti comunque sono stati l'abolizione della Legge Fini-Giovanardi, la produzione di Cannabis made in Italy anche se con tante criticità dovute soprattutto alla reale mancanza di volontà politica di credere nel progetto e quindi mancanza di un adeguato finanziamento economico, la vendita di cannabis presso le farmacia a costo calmierato di 9 euro al grammo (prima in farmacia costava anche 40 euro) e la timida apertura del mercato ad un terzo produttore, canadese, che non è lo Stato e nemmeno la storica ditta olandese Bedrocan che da più di 10 anni rifornisce i nostri pazienti.
 
 
Cosa vuol dire scrivere un libro a partire dalle esperienze delle persone?
 
Nel mio caso ha significato dare dignità e riconoscimento sociale a pazienti lei quali sofferenze erano vissute in maniera individuale e solitaria, spesso senza la coscienza di far parte di un gruppo non secondario e in costante crescita di persone malate per le quali la cannabis è un alleato prodigioso.

In secondo luogo significa anche addentrarsi nel privato, nel familiare, nella dimensione soggettiva di come si percepisce un'ingiustizia e di come si crede meglio reagire per vederla abbattere.

                 

 


C'è una storia che ti ha colpito particolarmente?
 
Quella di Daniele che sofferente di dolore neuropatico cronico a 24 anni, dopo aver provato antidepressivi, antiepilettici e altri farmaci senza alcun risultato, stava sviluppando dipendenza da oppiacei e camminava a stento con stampella.

Daniele grazie alla cannabis è tornato a vivere, a ridere e in generale a godersi la propria vita. Le sue giornate sono cambiate dal giorno alla notte e questo grazie alla Cannabis e un po’ anche al mio libro.
 
 
Perché ancora oggi sono pochi i medici che prescrivono la Cannabis?
 
Semplicemente perché nessuno ha ancora pensato che si debbano formare durante gli anni di studio.

Se infatti è tragico che un medico che lavora da 40 anni nel servizio sanitario non sappia nulla delle applicazioni mediche della cannabis è assolutamente scandaloso che i futuri medici nemmeno oggi ne studino ancora approfonditamente le potenzialità.
 
 
C'è ancora molto pregiudizio su questa pianta?
 
Il pregiudizio sta svanendo lentamente, quello che succede in USA ed in Canada non può lasciare indifferenti, la diffusione della Cannabis Light in Italia aiuta anche la vecchietta a capire che la canapa "non morde" e soprattutto tutte le persone alla quale la Cannabis ha cambiato la vita rappresentato testimoni difficili da non ascoltare.
 
 
Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?
 
Formare i medici, permettere loro di cominciare studi clinici, facilitare gli studi dei nostri ricercatori, insomma procedere con il metodo scientifico per comprendere a pieno le potenzialità di questa pianta.
 
Bisogna poi depenalizzare immediatamente la coltivazione per uso personale perché non è più tollerabile criminalizzare, processare e a volte carcerare pazienti ai quali lo Stato non riesce a garantire la sacrosanta continuità terapeutica e per fare questo bisogna anche aprire il mercato ai privati in maniera che la Cannabis venga prodotta da differenti operatori abbassandone i costi, ed aumentando la scelta e la qualità del medicamento.

 

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