La somministrazione attraverso la via polmonare si è rivelata il metodo più rapido per l’assunzione di cannabinoidi. A partire dagli anni ‘70 è stata presa in considerazione la tecnica della vaporizzazione, volta a somministrare cannabinoidi per via inalatoria. Questi composti, una volta vaporizzati, formano un aerosol formato da goccioline aventi una dimensione media di 0,64 µm, le quali vengono assorbite negli alveoli e successivamente a livello sistemico. Grazie alla possibilità di impostare la temperatura, i vaporizzatori presenti in commercio consentono di vaporizzare a temperature specifiche i principi attivi e quindi di selezionare quelli che si desidera assumere. Somministrazione per via inalatoria: in cosa consiste Quando viene preferita: quando la somministrazione orale non produce gli effetti farmacologici desiderati o quando il medico curante lo ritenga opportuno, ovvero in tutti i casi in cui la somministrazione orale è sconsigliata (es. in presenza di difficoltà di deglutizione e di vomito). La somministrazione di Cannabis mediante inalazione è vantaggiosa per problematiche di natura acuta, per un sollievo immediato dai sintomi di una patologia (es. nel caso di spasmi muscolari, vomito, dolore). Strumentazione utilizzata: tramite l’utilizzo di un vaporizzatore specifico per l’uso medico di Cannabis (dispositivo medico marcato CE) ad aria calda e filtrata. Le infiorescenze vengono poste all’interno dell’apparecchiatura, si attende il completamento del riscaldamento indicato dall’apparecchio stesso e quindi si inala il prodotto vaporizzato. Non è idoneo l’utilizzo di comuni apparecchi per aerosol. Come avviene: il medico curante deve indicare al paziente le modalità di assunzione e le quantità di materia vegetale da utilizzare (usualmente 200 mg di infiorescenze), gli intervalli di tempo tra inalazioni successive ed il numero di inalazioni da effettuare nel corso della giornata. Questi parametri variano in base alle esigenze terapeutiche del paziente e condizionano le proprietà farmacocinetiche associate alla Cannabis. E’ consigliabile iniziare da dosaggi minimi, per poi eventualmente regolarli in base all’effetto farmacologico ottenuto o ad eventuali effetti collaterali avversi che si manifestano. Farmacocinetica e farmacodinamica della Cannabis somministrata per via inalatoria Di seguito alcune informazioni presenti anche nella Circolare Ministero della Salute 22/02/2017 [1] La biodisponibilità del THC varia da 10 a 35% L'effetto farmacologico inizia dopo pochi minuti e ha un picco massimo a circa un'ora dall'inalazione, esaurendosi nel giro di 3-4 ore. Le concentrazioni plasmatiche massime si hanno entro dieci minuti dalla prima aspirazione. Esse sono condizionate da: dose inalata, numero, durata e intervallo delle aspirazioni. Vantaggi ed efficacia della vaporizzazione La vaporizzazione è associata ad una serie di vantaggi [2]: Assenza dei rischi respiratori associati alla combustione: Raggiungimento di temperature inferiori rispetto alla combustione: nei vaporizzatori presenti sul mercato la temperatura di solito non supera i 230° C (valore che corrisponde all’inizio del processo di combustione). Minor quantitativo di sottoprodotti tossici: la possibilità di veicolare le sostanze a basse temperature, impedisce la pirolisi e quindi la generazione di una grande quantità di sottoprodotti tossici ed irritanti [3,4] La pirolisi, infatti, crea almeno 200 prodotti termici di degradazione, qualitativamente simili a quelli del fumo di tabacco o generato da altro materiale vegetale essiccato, i quali sono associati alla produzione di tossine che possono danneggiare le mucose. Rispetto al fumo diretto di Cannabis viene ridotta la produzione di catrame [5, 6] (presente nella fase solida del vapore) e di monossido di carbonio [7]. Dosaggi affidabili: la vaporizzazione consente un dosaggio più semplice rispetto alla somministrazione orale, in quanto gli effetti sono immediatamente visibili. Nella somministrazione orale, a causa del metabolismo di primo passaggio epatico, si ha una insorgenza più lenta degli effetti: questo spesso induce ad un sovradosaggio ed è svantaggioso per pazienti che assumono la Cannabis per dolori acuti. Alta biodisponibilità sistemica dei principi attivi: nel vapore la presenza di cannabinoidi è di oltre il 90%, mentre nel fumo dovuto alla combustione solamente del 12%. Rapida insorgenza dell’effetto desiderato: l’assorbimento tramite inalazione è pressoché istantaneo e consente il raggiungimento della massima concentrazione plasmatica di principio attivo nel giro di pochi minuti [8]. Questo aspetto è particolarmente rilevante per i pazienti che cercano un sollievo immediato da una sintomatologia. Miglioramento della funzione polmonare: questa via di somministrazione riduce la sintomatologia respiratoria. In particolare, è stata osservata una broncodilatazione, utile ad es. per pazienti asmatici, una riduzione di tosse, catarro e senso di oppressione al petto [9]. La funzionalità respiratoria migliora in meno di un mese di utilizzo [10]. Migliore efficienza: il materiale non viene bruciato, quindi si ha la possibilità di riutilizzarlo per più di una volta. Si ha un minor quantitativo di materia vegetale utilizzata e conseguente risparmio economico. Mancanza di fumo e odori sgradevoli. Sapore piacevole: viene conferito dalla presenza di terpeni volatili, i quali permettono di ottenere anche una serie di proprietà terapeutiche [11]. Condizioni patologiche in cui viene preferito l’utilizzo inalatorio di Cannabis terapeutica Gli impieghi di Cannabis ad uso medico riguardano il trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati, o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali. La via di somministrazione inalatoria è indicata nel caso di: Dolore cronico: l’inalazione di Cannabis permette di ottenere un effetto analgesico, là dove il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici o oppioidi si sia rivelato inefficace: - Dolore neuropatico [12,13,14]: anche in pazienti con neuropatia diabetica [15]. Una revisione sistematica e una metanalisi dei dati dei singoli pazienti [13] ha evidenziato che la cannabis inalata riduce a breve termine il dolore neuropatico cronico in 1 paziente (su 5 o 6 dei pazienti trattati). Nei soggetti diabetici, ai quali viene somministrata la Cannabis in forma inalatoria, sono state confrontate le differenze di intensità di dolore spontaneo nel tempo, anche a dosaggi diversi, ed è stata rilevata una differenza significativa nei punteggi del dolore spontaneo (riscontrati anche nel confronto tra dosaggi diversi)[15]. - Fibromialgia: nello studio esaminato [16] i soggetti trattati mostrano una riduzione del 30% dei punteggi del dolore rispetto al placebo. Le varietà di cannabis contenenti THC aumentano significativamente la soglia del dolore da pressione rispetto al placebo. Insonnia: l’inalazione di Cannabis produce un piccolo incremento del sonno NREM, nella fase leggera (a riposo) e si accompagna a modificazioni delle onde cerebrali associate all'elaborazione cognitiva [17]. Vaporizzatori: caratteristiche La vaporizzazione viene ottenuta mediante l’utilizzo di vaporizzatori, cioè dispositivi che hanno la capacità di riscaldare il materiale vegetale senza bruciarlo. In commercio si trovano diverse tipologie di vaporizzatori che di seguito analizziamo in base principalmente al tipo di riscaldamento e alla praticità di utilizzo. In base al tipo di riscaldamento: Vaporizzatori a conduzione: il materiale vegetale è a contatto con l’elemento riscaldante: esso viene inserito in una camera di riscaldamento e portato fino al punto di evaporazione dei cannabinoidi o dei terpeni. La maggior parte dei vaporizzatori portatili utilizza questo metodo. Vantaggi: basso prezzo, velocità di riscaldamento, facile utilizzo, numerosi modelli disponibili, di solito portatili, possono vaporizzare sia erbe essiccate che estratti (versioni maggiormente avanzate). Svantaggi: rischio di combustione (leggera), materiale riscaldato in maniera non uniforme, richiedono una pulizia frequente, necessitano di un po’ di pratica per essere utilizzati al meglio, vapore secco e meno vellutato. Vaporizzatori a convezione: il materiale viene riscaldato indirettamente, tramite un flusso di aria calda creata in uno scomparto separato che, attraversando la materia vegetale dal basso verso l’alto, permette la vaporizzazione dei componenti. In questo caso non avviene un contatto diretto tra la materia vegetale e la fonte di calore. Vantaggi: basso rischio di combustione, riscaldamento omogeneo, pulizia richiesta minima, maggior controllo della temperatura, un singolo riempimento consente sessioni multiple, possono vaporizzare sia erbe essiccate che estratti (quasi tutti i modelli), vapore piacevole e con sapore migliore. Svantaggi: costo, velocità di riscaldamento minore, ingombranti (di solito non sono portatili). Vaporizzatori ibridi conduzione/convezione: soddisfano le esigenze dei consumatori principianti ed esperti, grazie alla loro tecnologia basata sul riscaldamento ibrido a conduzione-convezione. In base alla praticità di utilizzo: Vaporizzatori portatili: Esistono moltissimi tipi di vaporizzatori portatili, selezionabili in base al prezzo e alle caratteristiche che si desiderano, in funzione alle esigenze dell’utente. Caratteristiche: Maggiore praticità: possono essere trasportati ovunque Minore efficienza: hanno camere più piccole rispetto ai vaporizzatori fissi e quindi consentono l’utilizzo di piccoli quantitativi di materiale vegetale Minore durata di utilizzo: hanno batterie meno durature rispetto a quelli fissi e quindi richiedono ricariche più frequenti Minore versatilità di inalazione: la maggior parte degli apparecchi portatili permette all’utilizzatore di inalare solamente dal boccaglio. Vaporizzatori fissi: Tra i vaporizzatori fissi la scelta è meno ampia rispetto a quelli portatili. Caratteristiche: Minore praticità rispetto ai vaporizzatori portatili: di solito funzionano tramite presa di corrente. Maggiore efficienza: consentono l’utilizzo di elevati quantitativi di materiale vegetale. Maggior versatilità di inalazione. Vaporizzatori: modelli Mighty Medic È il primo inalatore di cannabis portatile a batteria approvato sanitariamente (https://www.vapormed.com). Caratteristiche: Compatto, leggero e ricaricabile Utilizzo facile e intuitivo Riscaldamento a convezione e a conduzione veloce ed efficiente: non appena la temperatura effettiva coincide con la temperatura teorica impostabile individualmente, l’apparecchio è pronto per l’inalazione. La temperatura preferita può essere impostata direttamente sull’apparecchio durante la vaporizzazione Lunga durata di utilizzo (garantita da due batterie ricaricabili ad alte prestazioni) Vapore corposo, saporito e piacevole Syqe Inhaler Recentemente è stato sviluppato un inalatore con tecnologia brevettata, portatile e a dose selettiva [18], ossia in grado di consegnare a livello polmonare e in maniera dosata i principi attivi. Il dosaggio controllato rappresenta il futuro nel campo della Cannabis terapeutica, infatti consentirà ai medici di prescrivere dosi esatte al paziente sulla base di dati noti. Infatti, Syqe Inhaler è collegato ad una app sul telefono e comunica direttamente al medico i dati riguardo la frequenza di utilizzo e l'intensità di ogni dose. Syqe inhaler è in grado di vaporizzare multiple unità precaricate (Chips di vaporizzazione) di flos di fiori di Cannabis granulati. Caratteristiche: Dosi precise, accurate e affidabili Alta efficienza: l’erogazione è indipendente dal tipo di inalazione effettuata Bassa variazione interindividuale delle concentrazioni plasmatiche di cannabinoidi (a seguito della somministrazione di una singola inalazione) [19, 2] Elevato grado di soddisfazione da parte di pazienti ospedalizzati (facilità di utilizzo) [20]: il personale medico ha riscontrato un facile utilizzo dello strumento da parte dei partecipanti Facilità di utilizzo Efficacia: il suo utilizzo è associato ad una riduzione del dolore (del 20% o superiore nel 50% della popolazione), della nausea e della spasticità. Sicurezza: durante il ricovero in ospedale i partecipanti possono utilizzare in sicurezza il dispositivo nei loro letti, evitando la combustione e il rischio di incendio correlato. Il suo utilizzo non è associato. Eventi avversi minimi e reversibili. Volcano Medic Volcano è un vaporizzatore fisso, considerato dispositivo per uso medico da vari dipartimenti sanitari governativi. E’ costituito da un generatore di aria calda e da un pallone a valvola rimovibile, il quale viene riempito con il vapore da inalare. I processi di evaporazione e inalazione sono separati nel tempo e nello spazio, quindi l’utente non viene a contatto con il calore o l'elettricità dal generatore di aria calda durante l'inalazione (https://www.medical-cnbs.com/medical-devices/). Vantaggi: E’ sicuro [3]: riduce la presenza di prodotti di combustione tossici e quindi evita gli svantaggi respiratori legati al fumo. In seguito a vaporizzazione la produzione di CO risulta essere ridotta [21] E’ efficace: l'assorbimento polmonare finale del THC è paragonabile a quello conseguente al fumo di Cannabis [22]. Consente una rapida insorgenza d’azione: la vaporizzazione è associata a concentrazioni plasmatiche maggiori di THC (rispetto al THC fumato) e quindi consente un assorbimento più veloce [21]. Misurazioni farmacodinamiche, effettuate dopo la somministrazione di dosi crescenti di THC per via inalatoria, hanno evidenziato cambiamenti dose-correlati rispetto al placebo [23]. E’ efficiente: è stato osservato che una media di circa il 54% del THC caricato è stato consegnato nel palloncino del vaporizzatore, in modo riproducibile [22]. Elimina parte dei problemi associati all'uso di aerosol per la consegna di THC o altri cannabinoidi: esso permette la produzione di aerosol senza necessitare di una sostanza solubilizzante. Consente la somministrazione inalatoria di cannabinoidi liquidi disciolti nell’alcol e di cannabinoidi direttamente dai fiori di cannabis essiccati (possibilità finora limitata solo al fumo dei fiori di cannabis). Permette di esercitare un maggior controllo del dosaggio: il paziente può controllare la quantità di vapore inalato attraverso il tempo e la profondità di respiro. E’ ben tollerato. Viene preferito dall’utilizzatore rispetto alle sigarette. E’ particolarmente utile per pazienti con difficoltà di deglutizione, e per coloro che necessitano di concentrazioni più elevate di cannabinoidi. Dove è possibile acquistare i vaporizzatori L’acquisto dei vaporizzatori è possibile on-line e nei negozi autorizzati. In genere i modelli fissi sono più costosi rispetto a quelli portatili. Tuttavia, attualmente esistono modelli di nuova tecnologia che mantengono prezzi accessibili e una buona qualità. In Italia, sono disponibili i vaporizzatori Mighty Medic e Volcano Medic registrati come dispositivi medici. All’Estero è possibile acquistare Syqe inhaler, il quale è stato approvato dal Ministero della Salute israeliano ed è disponibile solo nello Stato di Israele. Prospettive future Il mercato che commercializza vaporizzatori è in costante crescita. Le aziende che operano in tale settore, ascoltando i bisogni dei consumatori, investono al fine di migliorare la tecnologia dei vaporizzatori, per ottenere prodotti sempre più facili da utilizzare, che consentano una standardizzazione delle dosi e una maggiore velocità di insorgenza degli effetti terapeutici della Cannabis [20] Referenze Circolare Ministero della salute 22- 2- 2017 Grotenhermen, F. Pharmacokinetics and pharmacodynamics of cannabinoids. Clinical Pharmacokinetics. 2003; 42: 327- 360 Gieringer, D et al. Cannabis Vaporizer Combines Efficient Delivery of THC with Effective Suppression of Pyrolytic Compounds. Journal of Cannabis Therapeutics. 2004 Pomahacova, B et al. Cannabis smoke condensate III: The cannabinoid content of vaporised Cannabis sativa. Inhalation Toxicology. 2009. 21(13) Gieringer, D. Marijuana water pipe and vaporizer study. Maps Bull. 1996; 6: 59-66 McPartland JM, Pruitt P. Medical marijuana and its use by the immunocompromised. Altern Ther Health Med. 1997; 3:39–4 Chemic Laboratories, 2000 Gieringer, D. Cannabis vaporization: A promising strategy for smoke harm reduction. The Haworth Press. 2001 Naef M et al. Development and pharmacokinetic characterization of pulmonal and intravenous delta-9-tetrahydrocannabinol (THC) in humans. Journal of Pharmaceutical Sciences. 2004. 93: 1176-1 Earleywine M et al. Decreased respiratory symptoms in cannabis users who vaporize. Harm reduction journal. 2007; 4:11 Van Dam NT et al. Pulmonary function in cannabis users: Support for a clinical trial of the vaporizer. International Journal on Drug Policy. 2010; 21:511-3 Fischedick JT et al. Metabolic fingerprinting of Cannabis sativa L., cannabinoids and terpenoids for chemotaxonomic and drug standardization purposes. Phytochemistry. 2010; 71:2058-73 Wilsey B1, Marcotte T, Deutsch R, Gouaux B, Sakai S, Donaghe H. Low-dose vaporized cannabis significantly improves neuropathic pain. J Pain. 2013; 14:136-148 Andreae MH et al. Inhaled Cannabis for Chronic Neuropathic Pain: A Meta-analysis of Individual Patient Data. 2015; 16: 1221-1232 Wilsey BL, Deutsch R, Samara E, et al. A preliminary evaluation of the relationship of cannabinoid blood concentrations with the analgesic response to vaporized cannabis. J Pain Res. 2016; 9:587–598. Wallace, MS. Efficacy of Inhaled Cannabis on Painful Diabetic Neuropathy. J of Pain.2015; 16: 616-627 Van de Donk T. et al. An experimental randomized study on the analgesic effects of pharmaceutical-grade cannabis in chronic pain patients with fibromyalgia. Pain. 2019;160(4):860–869 Mondino, A. et al. Acute effect of vaporized Cannabis on sleep and electrocortical activity. Pharmacology Biochemistry and Behavior. 2019;179: 113-123 Vulfsons S, Ognitz M, Bar-Sela G, Raz-Pasteur A, Eisenberg E. Cannabis treatment in hospitalized patients using the SYQE inhaler: Results of a pilot open-label study. Palliat Support Care. 2019; 14:1-6. Eisenberg E, Ogintz M, Almog S. The pharmacokinetics, efficacy, safety, and ease of use of a novel portable metered-dose cannabis inhaler in patients with chronic neuropathic pain: a phase 1a study. J Pain Palliat Care Pharmacother. 2014; 28:216-225 Sullivan, GM and Artino, AR Jr. Analyzing and interpreting data from Likert-type scales. Journal of Graduate Medical Education. 2013; 5: 541–542 Abrams DI et al. Vaporization as a Smokeless Cannabis Delivery System: A Pilot Study. Clinical Pharmacology & Therapeutics. 2007; 82: 572–578 Hazekamp, A. et al. Valuation of a vaporizing device (Volcano®) for the pulmonary administration of tetrahydrocannabinol. J Pharm Sci. 2006; 95:1308–1317 Zuurman L et al. Effect of intrapulmonary tetrahydrocannabinol administration in humans. 2008; 22. Autore: Silvia Greco Dott.ssa in farmacia e scienze e tecnologie erboristiche
Carola Perez è la direttrice dell’associazione Dos Emociones e dell’ Observatorio Español de Cannabis Medicinal (OECM), due organizzazioni distinte che lavorano nel campo della diffusione delle attuali conoscenze scientifiche sulla Cannabis. DosEmociones si rivolge in particolare alle persone che soffrono di varie malattie per le quali la Cannabis può comportare benefici. L’ OECM, d'altra parte, riunisce medici, ricercatori e, in generale, personale sanitario, e si impegna a far sì che il governo spagnolo stabilisca una normativa che regoli l’utilizzo della Cannabis terapeutica, con particolare attenzione alla distinzione tra uso medico e ricreativo. Alla guida di questi due ambiziosi progetti c'è Carola Perez. Il suo impegno per un uso legale e consapevole della Cannabis è nato anni fa. L'abbiamo intervistata e le abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia e gli obiettivi che vuole raggiungere nei prossimi anni. Qual è la situazione giuridica attuale in Spagna? Come può un paziente accedere alla Cannabis Medica? La legge in Spagna è molto diversa da quella di altri paesi. Un paziente può usare il Sativex; il suo uso per le persone con sclerosi multipla è stato approvato. Tuttavia, rimangono molti aspetti contraddittori. Per esempio in Spagna si può usare la Cannabis a casa, ma non si può usare per strada. L'unico uso consentito, sia terapeutico che ricreativo, è all'interno di spazi privati. Non c'è una vera differenza tra uso ricreativo e terapeutico. Al momento, quindi, una persona che usa la Cannabis a scopo terapeutico non può portarla con sé al di fuori della propria abitazione. Se un pubblico ufficiale dovesse fare un controllo per strada, il paziente rischierebbe una sanzione di 600 euro. Se la stessa persona viene nuovamente sorpresa con la Cannabis, la sanzione diventa molto più alta e può arrivare a 10.000 euro. Se le persone con sclerosi multipla possono ottenere una prescrizione per il Sativex, allo stesso tempo, l'accesso alla Cannabis Medica è molto difficile per tutti gli altri pazienti. Quindi, in realtà la legge è quasi la stessa per chi fa un uso ricreativo e per chi, invece, ne fa un uso terapeutoco. Non c'è una vera e propria differenza tra le due cose. Qual è l'opinione generale dei medici spagnoli sulla Cannabis Medica? Avete notato posizioni divergenti all'interno della comunità medica spagnola? Non credo che ci sia una polarizzazione o uno scontro di opinioni. Al momento non credo che prevalga un'opinione chiara all'interno della comunità medica. La ragione di questo stallo è, come sempre, la mancanza di una vera regolamentazione. Ci sono un gran numero di medici che, di fronte alle richieste di Cannabis Medica dei pazienti, suggeriscono di contattare direttamente la nostra associazione. Come, quando e soprattutto perché è stato fondato l’ Observatorio Español de Cannabis Medicinal (OECM)? Quali sono stati i progetti realizzati? Quali sono state le sfide che ha affrontato e quali saranno le sfide che affronterà? L'associazione DosEmociones è nata nel 2014 e l'OECM è stato fondato poco dopo, nell'ottobre 2015. All'inizio, quando ci siamo rivolti ai responsabili politici per chiedere di regolamentare l'uso medico della Cannabis, la risposta che ci hanno dato è sempre stata non c'è nessuna prova scientifica. Come è facile immaginare, è molto difficile per un paziente portare avanti questo impegno politico mentre deve lottare ogni giorno contro una malattia. Per questo ho fondato l'OECM; perché avevamo bisogno di medici e ricercatori che venissero con noi per avviare un dialogo efficace con le istituzioni politiche. Tra le tante attività dell'OECM, qualche tempo fa abbiamo presentato una proposta al Congresso (il Congreso de los Diputados, la camera bassa del governo spagnolo. N.d.A.) che, però, è stata respinta da alcuni partiti politici. Allo stesso tempo, ci siamo preoccupati di effettuare analisi sulla Cannabis che può essere acquistata nei Cannabis Social Clubs spagnoli. Sono stati prelevati e analizzati diversi campioni per ricercare la presenza di metalli pesanti, impurità, pesticidi e qualsiasi altra cosa che potesse compromettere la qualità. Uno degli aspetti che ci interessa di più è fornire dati reali sulla qualità effettiva del prodotto. Ad esempio, uno degli elementi più importanti che controlliamo è l'esatta quantità di CBD e THC presente nella pianta di Cannabis. Che rapporto ha l’ OECM con le istituzioni spagnole? In che modo le attività dell’ OECM influenzano sia i cittadini che i decisori politici? Il nostro obiettivo è quello di ottenere una legge sulla Cannabis Medica che sia basata su prove scientifiche e che possa finalmente portare benefici ai pazienti. Il nuovo governo spagnolo tende a favorire la legalizzazione della Cannabis per uso medico, quindi è il momento giusto. Le nostre proposte saranno presto discusse e votate dal Congresso. Quello che mi dispiace, e che a volte trovo difficile da capire, è come sia possibile che diverse nazioni abbiano normative diverse sulla Cannabis Medica. Una malattia è una malattia, sia che colpisca un cittadino spagnolo o un cittadino di un altro paese. Cosa vi aspettate nei prossimi anni per quanto riguarda la regolamentazione dell'accesso alla Cannabis Medica in Spagna? Penso e spero che nel prossimo anno e mezzo avremo finalmente una legislazione efficace sulla Cannabis Medica. Nel corso degli anni abbiamo dato molta importanza alla comunicazione al pubblico e io stesso ho partecipato a molti dibattiti e interviste. Se quando abbiamo iniziato, solo il 50% della popolazione spagnola era a favore dell'uso medico della Cannabis, ora questa percentuale è dell’84%. L'OECM svolge quindi (anche) una notevole attività di comunicazione verso il pubblico, il personale sanitario e le istituzioni. Quali saranno i prossimi eventi? L'attività di comunicazione è a dir poco fondamentale per noi. Vogliamo parlare con la gente e cancellare tutti gli stereotipi che circondano la Cannabis Medica. Siamo impegnati su molti fronti. Per esempio, ci rivolgiamo anche ai paesi dell'America Latina - con i quali la Spagna ha un forte legame - e di recente ho partecipato ad alcuni incontri sul tema della regolamentazione della Cannabis in Sud America. Inoltre l’OECM sarà partner della Conferenza CannaBeta 2020 che si terrá a Madrid. Penso che sia estremamente importante continuare questo lavoro di diffusione anche insieme alle realtà europee, proprio come CannaBeta. Cosa spera che cambierà nel mondo della Cannabis Medica nei prossimi anni? Spero che cambi il modo in cui la gente “pensa” alla Cannabis. Anni fa non si faceva alcuna distinzione tra uso ricreativo e uso medico. Nel corso degli anni, incontrando così tante persone, ho visto come, parlando di scienza, di risultati e di dati concreti sui benefici della Cannabis terapeutica, il messaggio viene colto anche dai più scettici. Parlare di Cannabis attraverso stereotipi è sempre stato sbagliato. Comunicando seriamente e dimostrando quanto la Cannabis sia efficace nel trattamento del dolore, per esempio, la gente capisce e diventa empatica come mai prima d'ora. È in questo modo che, come ho detto prima, la percentuale di cittadini spagnoli a favore della Cannabis per uso medico è aumentata drasticamente da quando abbiamo iniziato le nostre attività di disseminazione. Spero che avremo una normativa per la Cannabis Medica e, in parallelo, avremo anche un regolamento per l'uso ricreativo, per il quale il 47% dei cittadini spagnoli è favorevole. Cosa l'ha spinta a impegnarsi in questo particolare settore di ricerca? A undici anni sono caduta mentre pattinavo e mi sono rotta il coccige. L’infortunio era molto grave. I medici mi hanno rimosso l'osso quando avevo diciotto anni. Le cose sono andate sempre peggio e ho iniziato a provare un intenso dolore neuropatico. Per tentare di migliorare la situazione, gli interventi chirurgici si sono succeduti uno dopo l’altro. Per ridurre questo dolore insopportabile, poi, mi sono stati prescritti antidolorifici, morfina e antidepressivi. In quel periodo della mia vita prendevo 19 pillole al giorno, tutti i giorni. Di conseguenza, ho sviluppato una dipendenza. Ci sono voluti molti sforzi per smettere di prendere le pillole e i farmaci oppiacei. Ma il dolore persisteva ed era completamente insopportabile. È stato in quel periodo della mia vita che - per puro caso - ho provato la Cannabis e il risultato è stato quasi scioccante per me. Era in grado di lenire il dolore. È stato allora che ho iniziato a interessarmi al mondo della Cannabis Medica. Ho subito notato la mancanza di informazioni e di sostegno per i pazienti e ho deciso di intraprendere questa battaglia. Se ripenso a quegli anni della mia vita, sono sicura che non sarei mai stata in grado di andare avanti così a lungo. Era impossibile vivere con una tale sofferenza. Non voglio che nessuno sperimenti quello che mi è successo ed è per questo che ho deciso di fondare l'associazione. Oggi sono ben 1.500 i pazienti che si rivolgono a DosEmociones per avere informazioni, consigli e conforto. Autore: Redazione Cannabeta
Negli ultimi due decenni abbiamo assistito ad un sempre più crescente interesse da parte del mondo scientifico nei confronti della Cannabis Medica (CM) e al suo impiego in tutte quelle condizioni patologiche per le quali si sia dimostrata la sua efficacia, come per esempio il trattamento del dolore cronico neuropatico, la nausea e il vomito legati a chemioterapia, il dolore legato a spasticità come nella sclerosi multipla e nelle lesioni del midollo spinale, l’epilessia farmaco resistente, il glaucoma, la sindrome di Gilles de la Tourette e tante altre condizioni patologiche. Parallelamente all’aumento del suo impiego nella pratica clinica sono sorte tutte le problematiche legate all’interazione della Cannabis con gli altri farmaci comunemente utilizzati e la necessità di fare chiarezza su questo delicato argomento. Dalla preclinica alla clinica Dai numerosi studi condotti a livello preclinico, specialmente in vitro, quello che è da tener presente dal punto di vista pratico è che farmacocinetica e farmacodinamica si conoscono veramente a pieno soltanto per alcuni dei principali fitocannabinoidi (e in particolare THC, CBD e CBN) e che entrambi i fenomeni sono condizionati da dosaggi e vie di somministrazione. Fatta tale premessa bisogna poi sapere che l’interazione della Cannabis con gli altri farmaci è legata principalmente al fatto che i principali fitocannabinoidi siano metabolizzati dalla famiglia degli enzimi del sistema citocromo p450 (CytP450), quest’ultimo a sua volta implicato nel metabolismo di numerosi farmaci di impiego comune [1,2]. Per capire la complessità dell’argomento da un punto di vista prettamente farmacologico di seguito alcuni degli effetti dei principali fitocannabinoidi sul sistema CytP450 recentemente pubblicati su una review che ha analizzato l’argomento [3]: Il metabolismo dei cannabinoidi coinvolge numerosi isoenzimi tra cui: CYP1A2, 2B6, 2C8, 2C9, 2E1, 2J2, 3A4/5/7; Il THC è metabolizzato principalmente da CYP2C9, 2C19 e 3A4; Il CYP2D6 è inibito da THC, CBD e CBN; Il CBD è un potente inibitore di CYP2C8, 2C9 e 3A4. Partendo da tali presupposti, per il medico che si appresta a prescrivere Cannabis quello che è veramente importante sapere è che questi meccanismi sono alla base di tutte le possibili interazioni Cannabis-farmaci, che vengono di seguito riportate e che non sono poi così diverse da quelle elencate in un approfondimento precedente pubblicato riguardante l’interazione del CBD con per l'appunto i farmaci più comunemente utilizzati. Riassumendo possiamo quindi dire che almeno potenzialmente le interazioni più plausibili che si possono verificare in caso di co-somministrazione della Cannabis con altri farmaci sono le seguenti: Aumento degli effetti della Cannabis in caso di contemporanea assunzione di farmaci che inibiscono alcuni degli isoenzimi responsabili del metabolismo dei principali fitocannabinoidi, come per esempio claritromicina, eritromicina, macrolidi, isoniazide, antivirali, antimicotici, amiodarone, calcio antagonisti, antidepressivi ed inibitori di pompa protonica; Diminuzione degli effetti della Cannabis in relazione all’assunzione di farmaci che inducono gli enzimi coinvolti nel metabolismo della Cannabis, come per esempio carbamazepina, fenobarbitale, fenitoina, troglitazone, iperico, rifampicina e rifabutina; Inibizione di alcuni isoenzimi (per esempio CyP2D6 e CyP2C9) da parte della Cannabis e conseguente incremento degli effetti dei farmaci che da questi vengono metabolizzati, come per esempio omeprazolo, risperidone, warfarin e diclofenac. Queste sono solo alcune delle potenziali problematiche legate all’interazione della CM con gli altri farmaci; parliamo di potenziali problematiche, perché sono dedotte pressoché esclusivamente da studi preclinici prevalentemente in vitro e non vi sono ancora dei dati solidi da un punto di vista clinico che le sostengono. Se invece ci spostiamo nel campo della pratica clinica certamente bisogna tener presente le evidenze legate alla contemporanea assunzione della Cannabis (o prodotti da essa derivati) con alcuni farmaci antiepilettici ed anticoagulanti/antiaggreganti ed ancora i riportati effetti additivi di tipo sedativo in caso di contemporanea assunzione con l’ alcol, oppiacei e benzodiazepine. Per quanto riguarda l’interazione con i farmaci antiepilettici è stato evidenziato [4,5] che la co-somministrazione di un farmaco a base di CBD (recentemente entrato in commercio) utilizzato per il trattamento delle forme farmaco resistenti di epilessia può causare: Un’aumentata concentrazione plasmatica di topiramato, rufinamide, zonisamide, eslicarbazepina e di N-desmetil clobazam (metabolita del clobazam), con, in quest’ultimo caso, un conseguente possibile maggior effetto sedativo; Un aumento di alcuni indici di funzionalità epatica, come le transaminasi ALT e AST, in caso di contemporanea assunzione con il valproato. Prendendo invece in esame l’interazione della CM con farmaci anticoagulanti ed antiaggreganti, una recente review [6] ha riportato come possibili le seguenti condizioni: In caso di contemporanea assunzione di Cannabis e warfarin si potrebbe avere un aumento della concentrazione plasmatica di quest’ultimo e dell’INR, con conseguente aumentato rischio di eventi emorragici; In caso di contemporanea assunzione di CBD e clopidogrel, quest’ultimo potrebbe avere effetto ridotto con conseguente aumentato rischio di eventi ischemici. Entrambi questi dati nonostante debbano essere confermati da studi più consistenti non possono e non devono essere sottovalutati, soprattutto se si considera la gravità degli eventi a cui possono portare. Conclusioni Al momento in base a quanto riportato in letteratura l’interazione della Cannabis potrebbe avvenire potenzialmente con numerosissimi farmaci, tuttavia tutte queste possibili interazioni necessitano ancora di solide conferme, specie in campo clinico; certe sono invece le interazioni con alcuni farmaci antiepilettici ed anticoagulanti e gli effetti sedativi sinergici con l’alcol, gli oppiacei e le benzodiazepine. Rimane pertanto la necessità di un suo uso sempre sotto stretta sorveglianza medica e di ulteriori ricerche che possano fare maggiore chiarezza su un argomento tanto complesso quanto delicato. Bibliografia Yamaori S., Ebisawa, J., Okushima, Y., Yamamoto, I., Watanabe, K. Potent inhibition of human cytochrome P450 3A isoforms by cannabidiol: Role of phenolic hydroxyl groups in the resorcinol moiety. Life Sci. 2011, 88, 730–736. Yamaori S., Okamoto, Y., Yamamoto, I., Watanabe, K. Cannabidiol, a major phytocannabinoid, as a potent atypical inhibitor for CYP2D6. 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Gli endocannabinoidi (eCB), sono piccole molecole di natura lipidica che esercitano principalmente i loro effetti biologici attraverso l’attivazione di specifici recettori CBR1 e CBR2. Questi ultimi appartengono alla superfamiglia dei recettori accoppiati a proteine G e hanno un sistema di trasduzione del segnale di tipo inibitorio. CBR1 è il sottotipo maggiormente presente nel Sistema Nervoso Centrale (SNC), ed ha un ruolo nelle malattie neurodegenerative e nei disturbi neuropsicologici. Il CBR2 è principalmente espresso nelle cellule immunitarie e la sua localizzazione ne esalta il potenziale ruolo come immunomodulatore del sistema endocannabinoide (EC). I due cannabinoidi endogeni maggiormente conosciuti sono la N-arachidonoil-etanolamide, comunemente denominata anandamide, e il 2-arachidonoil-glicerolo, noto come 2-AG. L’esistenza di ligandi endogeni che interagiscono con gli stessi recettori stimolati dal THC, e di enzimi deputati alla sintesi e alla degradazione di suddetti composti, ha identificato quello che oggi conosciamo con il nome di sistema endocannabinoide [1]. Introduzione L’ uso medico della Cannabis sativa è noto fin dall’antichità [2]. Il primo record risale alla Cina circa 5000 anni fa, dove gli estratti della pianta venivano usati per alleviare crampi e dolore. Inoltre, lo stato di benessere psicofisico ascrivibile all’uso di cannabis ricreazionale, ha ampiamente limitato la sua applicazione medica [3]. Sono stati identificati circa 120 fitocannabinoidi e tra questi il Δ9-tetraidrocannabinolo (THC) è il principale componente psicotropo. Dopo la scoperta del THC, un gran numero di cannabinoidi sintetici, simili o distinti nelle strutture ai fitocannabinoidi, ha aiutato l’identificazione e la clonazione del recettore 1 dei cannabinoidi (CB1R) e in seguito della scoperta del recettore cannabinoide 2 (CB2R) [4,5]. Sono stati scoperti anche i due endocannabinoidi più studiati finora, 2-arachidonoilglicerolo (2-AG) e N-arachidonoil-etanolamide (anandamide, AEA) [6]. Di questi l’anandamide ha anche una modesta attività sui recettori canale attivati dalla molecola del peperoncino, ossia i recettori TRPV1, mentre il 2-AG sembra essere il cannabinoide endogeno agonista pieno dei recettori CB1 e CB2. Tuttavia, grazie alle moderne tecnologie e alla metabolomica, oggi il sistema endocannabinoide si è ampliato molto, pertanto, molti altri composti sembrano avere effetti diretti o indiretti sui recettori dei cannabinoidi. Biosintesi e Metabolismo L’AEA e il 2-AG hanno vie biosintetiche diverse, anche se in alcune condizioni possono essere catabolizzate da enzimi simili. In particolare, l’AEA è sintetizzata dalla N-acil-fosfatidiletanolammina (NAPE) dalla fosfolipasi D NAPE-specifica (NAPE-PLD), mentre 2-AG è prodotta da una lipasi del diacilglicerolo (DAG-L). Dopo il rilascio, gli endocannabinoidi non sono immagazzinati in vescicole preformate, infatti sono sintetizzati e rilasciati “on demand”, quando e dove necessario. Gli endocannabinoidi non sono in grado di diffondersi liberamente come altri neurotrasmettitori, perché sono idrofobici. Molti meccanismi sono stati proposti per il trasporto di AEA: • diffusione semplice verso gradiente di concentrazione generata dalla degradazione enzimatica • formazione di complessi di colesterolo AEA • endocitosi Al contrario, i meccanismi di 2-AG non sono ancora ben compresi. Infine, gli endocannabinoidi possono essere degradati attraverso: • idrolisi e / o ossidazione.Il principale enzima catabolico, responsabile della degradazione dell’AEA, è una idrolasi degli acidi grassi (FAAH), che trasforma AEA in acido arachidonico libero ed etanolamina, mentre il 2-AG è per lo più idrolizzato dal monoacilglicerolo lipasi (MAGL) in acido arachidonico e glicerolo. Diversi altri enzimi potrebbero essere coinvolti così come la cicloossigenasi-2 e diverse lipossigenasi [7-10]. FAAH è un’ idrolasi comunemente presente nel cervello, dove mostra una distribuzione subcellulare. Mentre, MAGL è una serina idrolasi e diverse osservazioni supportano un ruolo per MAGL come fornitore di acidi grassi liberi. .Una terza potenziale via di degradazione è l'amidasi dell'acido N-aciletanolammina-idrolizzante (NAAA) [11]. Recettori dei cannabinoidi Dopo il rilascio, gli eCB possono legare i loro recettori, CB1R codificato dal gene CNR1 che consiste di 472 aminoacidi nell’uomo; CB2R codificato dal gene CNR2, che consiste di 360 amminoacidi negli esseri umani. I recettori sono localizzati in modo diverso in tutto il corpo: • Il CB1 è altamente espresso nei neuroni del cervello, molto nei gangli della base, nell’ippocampo, nell’ ipotalamo, nell’area grigia periacqueduttale e in altre aree cerebrali. Tuttavia la sua espressione in tessuti periferici ha comunque un’ importante funzione fisiologica. • Il CB2 è altamente espresso sulle cellule immunitarie periferiche come neutrofili, monociti, macrofagi e linfociti T. Tuttavia un’ espressione del CB2 nel Sistema Nervoso Centrale è stata riscontrata in cellule immunocompetenti del SNC come la microglia [12]. Mentre l’ attivazione di CB1 riduce il rilascio di neurotrasmettitori, l’ attivazione di CB2 inibisce l'attivazione microgliale e riduce la neuroinfiammazione. In questo modo, il sistema endocannabinoide svolge un ruolo anche nelle attività neurologiche [13,14]. Nel complesso, il sistema EC modula il rilascio di altri neurotrasmettitori come i principali neurotrasmettitori tra cui acetilcolina, dopamina, GABA, istamina, serotonina, glutammato, noradrenalina, prostaglandine e peptidi oppioidi. Tutti i cannabinoidi, compresi quelli endogeni, fitocannabinoidi e i sintetici, esercitano un’ azione differenziale sui sottotipi recettoriali. Studi recenti hanno evidenziato un importante ruolo degli endocannabinoidi durante il neurosviluppo; in particolare, nelle fasi iniziali dello sviluppo cerebrale compaiono i recettori CB1 [15,16,17] e risultano maggiormente localizzati nelle aree della materia bianca [18,17]. Questa localizzazione momentanea e atipica suggerisce un potenziale coinvolgimento di tale sistema nei processi di neurosviluppo quali: la proliferazione, la migrazione, e la genesi delle sinapsi delle cellule nervose [19-24]. Infatti, nell’adulto risultano localizzati in altre aree quali: il giro dentato dell’ippocampo e la zona sub-ventricolare e quindi giocano un ruolo nel mantenimento e nella proliferazione di cellule progenitrici necessarie per la neurogenesi adulta. Il ruolo dei recettori CB2 invece è quello di regolazione dei cambiamenti fenotipici delle cellule immunitarie. In particolare, la stimolazione dei recettori CB2 su cellule immunitarie rende queste ultime più sorveglianti, pur riducendone la loro componente proinfiammatoria. Altri endocannabinoidi e congeneri Sono stati identificati molti altri cannabinoidi endogeni, tra cui: N-arachidonoyldopamine (NADA), un agonista vanilloide con affinità CB1 [25]. La NADA è in effetti un endocannabinoide naturale e alte concentrazioni sono state trovate nello striato, nell’ippocampo e nel cervelletto. L’ Oleoiletanolamide (OEA), è prodotta dall’ intestino tenue nella fase post prandiale in due step. Ad elevate concentrazioni può ridurre l'assunzione di cibo [26] o può indurre sedazione quando iniettata direttamente nel cervello dei ratti. L’OEA è principalmente un agonista per il recettore CB1, ma è stato dimostrato essere in grado di attivare in vitro il recettore della proliferazione dei perossisomi di tipo alfa e gamma (PPARs). La Palmitoiletanolamide (PEA), sintetizzata dallo stesso enzima coinvolto con la sintesi di anandamide, ma in quantità molto maggiori, esercita un’azione antinfiammatoria principalmente attraverso l’inibizione del rilascio di molecole proinfiammatorie da mastociti, monociti e macrofagi [27]. La PEA non si lega direttamente ai recettori cannabinoidi [28], infatti, è l’agonista endogeno del recettore PPAR-α, ma è in grado di modulare molti altri recettori, tra cui GPR55, il recettore vanilloide TRPV1 e l’ acido grasso ammide idrolasi (FAAH) [29,30]. Conclusione Il sistema endocannabinoide svolge importanti funzioni fisiologiche nel sistema nervoso centrale, ma anche nei tessuti periferici. L’azione di regolazione retrograda svolta da questo sistema è di rilevante importanza per il mantenimento di una equilibrata attivazione neuronale. Data la derivazione degli endocannabinoidi dai fosfolipidi di membrana e, considerando che tutte le cellule hanno la membrana, il sistema endocannabinoide è potenzialmente coinvolto in tutti i processi fisiologici e patologici. Tale caratteristica li rende molecole pleiotropiche e quindi efficaci in alcuni contesti patologici. Tuttavia, gli effetti pleiotropici sono anche associati ad una maggiore imprevedibilità degli effetti indesiderati associati alla modulazione farmacologica di questo sistema. Ulteriori studi sono necessari per l’ulteriore comprensione dei complessi meccanismi che sottendono alla modulazione del sistema endocannabinoide, al fine di potenziare al massimo i molteplici effetti farmacologici riducendo quelli indesiderati e potenzialmente tossici. Bibliografia Di Marzo V, Endocannabinoid signaling in the brain: biosynthetic mechanisms in the limelight. Nat. Neurosci.2011 Jan;14(1):9-15. Mechoulam R. The Pharmacohistory of Cannabis sativa in Cannabis as Therapeutic Agent. CRC Press; Boca Raton, FL, USA: 1986. Iversen L., The Science of Marijuana. Oxford University Press; Oxford, UK: 2000 Mechoulam R., et al., Identification of an endogenous 2-monoglyceride, present in canine gut, that binds to cannabinoid receptors. Biochem. Pharmacol. 1995, 50, 83–9010. 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Nel percorso di dispensazione della Cannabis Medica, la determinazione quantitativa dei due principali cannabinoidi, THC e CBD, nelle preparazioni galeniche destinate ai pazienti, è un passaggio importante ed obbligato per assicurare la qualità degli estratti oleosi allestiti dalle farmacie. Per mettere luce su questa importante e delicata fase abbiamo intervistato il Prof. Alberto Ritieni, ordinario del Dipartimento di Farmacia dell’Universitá di Napoli “Federico II” e responsabile del Laboratorio di Chimica degli Alimenti, presso lo stesso Dipartimento, dove vengono effettuate le analisi dei Cannabinoidi. Secondo quanto disposto nell’allegato tecnico del Decreto Ministeriale del 9/11/2015, il farmacista allestisce in farmacia preparazioni magistrali a base di cannabis che comportino la ripartizione della sostanza attiva in dose e forma di medicamento, secondo la posologia e le modalitá di assunzione indicate dal medico prescrittore. Nella preparazione dell’olio di Cannabis, per assicurare la qualità del prodotto, la normativa prevede che il farmacista effettui “la titolazione del/i principio/i attivo/i per ciascuna preparazione magistrale con metodologie sensibili e specifiche quali la cromatografia liquida o gassosa accoppiate alla spettrometria di massa ovvero il metodo di estrazione deve essere autorizzato ai sensi della normativa vigente”.Il Prof. Ritieni ci racconta come il servizio di analisi dei Cannabinoidi, che lui dirige, effettui sia alle farmacie che ai privati “una titolazione per via spettrometrica attraverso cromatografia in liquido massa in alta risoluzione di sette cannabinoidi contemporaneamente” Come nasce il servizio di analisi per la titolazione dei Cannabinoidi presso il Dipartimento di Farmacia? “Il servizio nasce con la legge della Regione Campania del 2016 in risposta al Decreto del Ministero della Salute del 9/11/2015. Le preparazioni magistrali devono essere titolate come fosse un farmaco e quindi in maniera scientificamente rigorosa, per questo nella regione Campania fu dato l’incarico ai Dipartimenti di Farmacia delle Università presenti sul territorio della Regione Campania. A seguito di tale incarico é stato messo a punto il metodo analitico e ad oggi, in risposta al farmacista che prepara una certa preparazione galenica per motivi terapeutici, su indicazioni del medico prescrittore, il laboratorio universitario effettua la titolazione dei livelli di THC e CBD e di altri Cannabinoidi con una metodologia avanzata e sensibile”. Ad oggi al laboratorio afferiscono diverse farmacie per la titolazione delle preparazioni galeniche a base di Cannabis. Dal suo punto di vista quali sono, se ci sono, le principali problematiche che avete riscontrato nell’analisi dei campioni pervenuti? “In passato la criticità maggiore era dovuta alla disomogeneità della preparazione, in parte per inesperienza del farmacista, che derivava da un approccio non comune per tutti i professionisti del settore. Alcuni farmacisti erano maggiormente esperti nel campo delle preparazioni galeniche, mentre altri erano relativamente più inesperti da questo punto di vista professionale e con il tempo hanno ottimizzato i diversi aspetti. Quel che facciamo non è solo ‘l’analisi agnostica’, ma si offre un servizio di supporto analitico ai farmacisti, fornendo dei consigli generici volti a migliorare le performance della preparazione.Accade ancora oggi che alcuni farmacisti che si avviano in tale percorso devono essere aggiornati sulla preparazione del campione. É necessario dire loro come predisporre il campione, come estrarlo, quale metodologia permette dei risultati migliori, come può essere risospeso il campione, come deve essere conservato e trasportato a temperatura controllata. Con le farmacie quel che abbiamo osservato nel tempo é una convergenza positiva verso una procedura riproducibile e performante.” Quali secondo lei invece gli aspetti positivi o le potenzialitá sulle quali puntare per fornire un’efficienza di tutto il percorso di dispensazione delle preparazioni magistrali? “L’aggiornamento professionale continuo è la base di ogni passo in avanti. I farmacisti hanno la possibilità, che sfruttano in alcuni settori, di potersi aggiornare dal punto di vista normativo, preparativo e farmacologico. L’aggiornamento é un aspetto importante per offrire un prodotto o un servizio che funzioni al meglio, cioè che risponda alle richieste del medico prescrittore e che il consumatore o altrimenti paziente, ne riceva il vantaggio atteso.” Nella pratica come viene gestito il feedback del risultato analitico con le farmacie? Il dato analitico viene poi confrontato con quanto richiesto nella prescrizione del medico? “Quello che si necessita conoscere all’arrivo del campione sono le richieste del medico prescrittore per dare un maggiore supporto al farmacista. Se il medico ha richiesto una determinata concentrazione e nella preparazione non viene individuata, si richiede al farmacista di verificare la correttezza della metodologia di estrazione e di preparazione o se la materia prima utilizzata é ancora ‘rispondente alle necessità’, se il campione é stato preparato in maniera adeguata. Tutto questo permette di verificare ogni passaggio e di individuare le criticità per porre in atto le azioni correttive. Al laboratorio non sono trasmessi dati del paziente, perchè ininfluenti sull’analisi. Peró ci confrontiamo con il valore atteso dalla preparazione. L’ attivitá analitica ha dovuto adeguarsi ai cambiamenti di pratiche e normative nel settore della Cannabis Medica? “Nel caso della Cannabis noi abbiamo sempre utilizzato uno strumento estremamente performante, ed é come se fossimo partiti sempre alla guida di una ‘Ferrari’. Non ho dovuto adeguare l’analitica alla normativa, anche se quest’ultima si è modificata nel tempo. Utilizzando uno strumento come lo spettrometro di massa ad alta risoluzione possiamo letteralmente ‘vedere’ sempre meno del limite dettato dalla normativa per cui le modifiche normative al momento non comportano problemi analitici.” Lei utilizza uno strumento d’ analisi basato sulla spettrometria di massa HRMS Q Exactive Orbitrap, particolarmente sensibile e raccomandato da linee guida per rilevare tracce di THC, tuttavia nella Farmacopea Tedesca si fa riferimento all’uso dell’ HPLC-UV, che alcuni dicono che, pur essendo meno sensibile, garantisce una non degradazione del campione? Lei cosa pensa a riguardo? “Lo strumento che utilizziamo é un HPLC molto esigente dal punto vista delle quantità e che ci permette di usare una quantitá inferiore di sostanza rispetto all’ HPLC-UV. La differenza tra i due strumenti possiamo semplificarla in questo modo: chi utilizza l’UV è come se guardasse con una lente di ingrandimento, mentre nel nostro caso è come se guardassimo con un microscopio, quindi vediamo ben oltre alla lente di ingrandimento. Lo strumento UV teoricamente non è degradativo, perchè la sostanza impiegata per l’analisi non è distrutta dall’analisi ma è solo letta, pur necessitando di una quantità di campione molto diluita rispetto a quella utilizzata dal nostro strumento. Diversamente lo svantaggio del nostro strumento è che l’analisi distrugge parte del campione, perchè per vedere il peso molecolare lo strumento letteralmente “frammenta” irreversibilmente le molecole in analisi. Questa differenza peró non porta a nessun vantaggio nella pratica, perché diversamente dall’HPLC UV, lo strumento che utilizziamo richiede una quantità infinitesimamente minore.”“Nella Farmacopea Tedesca si fa riferimento all’ HPLC-UV, perché é più economico, ha una gestione economica approcciabile anche da una struttura piú piccola, anche da una singola farmacia. Inoltre, si analizzano i principali Cannabinoidi, perchè sono più conosciuti, facilmente rintracciabili e normati. Lo strumento che noi utilizziamo é più performante, ma molto oneroso dal punto di vista economico, sia per l’acquisto che per i suoi costi di gestione.” Il Laboratorio che lei dirige é un laboratorio universitario e pertanto votato alla ricerca. Quando e come il servizio di analisi fornito alle farmacie incontra l’attivitá di ricerca? “In quasi tre anni di lavoro, quello che abbiamo acquisito con il continuo monitoraggio dei campioni provenienti dalle farmacie sono oltre 2.500 campioni analizzati, e questo ci permette una valutazione statistica di questi campioni, di individuare le variabili in funzione della provenienza, della metodologia, della tecnica di conservazione. Con una tale massa di informazioni è possibile fare delle segregazioni statistiche utili.” Ad oggi lei con il suo team di ricerca siete impegnati in qualche studio di cui ci puó dare un anticipo? “Quello su cui stiamo lavorando di recente é ricercare e quantificare la presenza di metalli pesanti e micotossine in prodotti a base di Cannabis non per uso terapeutico, commercializzati anche come ‘Cannabis Light’, perché si è convinti che la pianta di canapa essendo molto rustica, non viene trattata perchè si autoprotegge. La ricerca si basa sull’analisi di un certo numero di campioni al fine di valutare i livelli di sicurezza chimica collegata a questi prodotti.” In conclusione, come vede il futuro della Cannabis Medica in Italia dal suo vertice osservativo e di ricerca? “Quando ho iniziato questa attivitá, i colleghi e gli amici meno preparati mi dicevano: ‘adesso tu sei per la liberalizzazione delle droghe’ e io rispondevo che ero per la liberalizzazione dei farmaci, per cercare di valutare un prodotto e dare la necessaria certificazione di qualitá e di corrispondenza al contenuto. ‘Il terapeutico’ è secondo me un prodotto oramai consolidato; bisognerebbe avere qualche prescrittore in più e puntare ad una maggiore informazione dei medici. Se i medici vedessero che questo è uno strumento utile, per i bambini in certe situazioni, per gli adulti in altre situazioni, potrebbero utilizzarlo, ma se non ne sono a conoscenza diventa difficile. Quindi se si riesce a diffondere e far conoscere questa utilitá, ‘la cannabis terapeutica’ potrá diventare un’alternativa più che interessante. I farmacisti hanno dalla loro un profondo vantaggio culturale, conoscendo le preparazioni galeniche, quelle magistrali, e sanno che il mondo vegetale è una fonte di vantaggi notevoli per la nostra salute. Il medico deve comprendere che il mondo vegetale può fornire un vantaggio farmacologico terapeutico. Il farmacista è il migliore ‘strumento’ per preparare dei prodotti a base di Cannabis secondo ció che un medico prescrive, a patto che quest’ultimo sappia dei vantaggi e delle possibili applicazioni della Cannabis terapeutica.” Per approfondire: 1. Decreto 9 novembre 2015. Funzioni di Organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972. 2.Le gge Regione Campania n.27 dell’8 agosto 2016. Disposizioni organizzative per l’ erogazione dei farmaci e dei preparati galenici a base di Cannabinoidi per finalità terapeutiche nell’ambito del servizio sanitario regionale e promozione della ricerca e di azioni sperimentali prodromiche alla produzione da parte di soggetti autorizzati. Autore: Redazione Cannabeta
Un numero sempre più importante di pubblicazioni ha evidenziato come il CBD possa svolgere un potenziale ruolo nel trattamento di innumerevoli condizioni patologiche [1,2]. Continua tuttavia a non essere chiaro quale sia la sua dose effettiva nel trattamento di ciascuna di esse. Nel giugno del 2019 sul British Journal of Clinical Pharmachology la ricercatrice Sophie Anne Millar dell’Università di Nottingham (UK) ha pubblicato un interessante review [3] su quanto fino ad ora si è sperimentato in termini di dosaggi del CBD nella pratica clinica, cercando di fare chiarezza al riguardo. Cerchiamo di capire insieme quali sono le conclusioni di questo rilevante lavoro. Assunzione di CBD nella popolazione clinica: la review La review in questione è stata recentemente pubblicata (settembre 2019) da una delle più importanti riviste nel mondo della farmacologia clinica, il British Journal of Pharmacology (impact factor 4.2). Il sistema di ricerca adottato è stato effettuato secondo le linee guida PRISMA utilizzando come motori di ricerca PubMed, MEDLINE e ClinicalTrials.gov. Dopo l’applicazione di selettivi criteri di inclusione (per esempio somministrazione di CBD ad una popolazione clinica e preciso riferimento a dosaggi e outcomes per la valutazione dell’efficacia nel trattamento della malattia) ed esclusione (per esempio somministrazione a soli volontari sani e cosomministrazione con altri cannabinoidi come il THC) il numero finale di articoli esaminati è stato di 35 (di cui 15 trials clinici randomizzati controllati), per un totale di 1223 pazienti. Dai risultati emerge che: Nel 66% degli studi valutati è stato riportato un effetto positivo del CBD (nel trattamento di epilessia, disturbi bipolari, schizofrenia, disturbo post-traumatico da stress). La condizione patologica maggiormente studiata è stata l’epilessia. Risultati positivi si sono avuti soprattutto quando il CBD è stato utilizzato come “add-on” alla terapia standard e per dosaggi >10-15mg/kg/die. Risultati meno incoraggianti si sono avuti per dosaggi <10mg/kg/die e in condizioni patologiche diverse da quelle sovra descritte (come per esempio diabete, Crohn e dolore cronico). Non sono stati riportati significativi effetti collaterali anche per i dosaggi più alti (fino a 50mg/kg). La via di somministrazione maggiormente utilizzata è stata quella orale. Conclusioni Questa stimolante review confermerebbe l’enorme potenziale terapeutico del CBD nel trattamento di numerose condizioni patologiche; la questione dei dosaggi rimane tuttavia irrisolta nonostante gli ottimi spunti forniti. Dalla lettura del lavoro si può infatti dedurre che probabilmente per alcune malattie sono necessari dei dosaggi più alti (per esempio nell’epilessia e nel Parkinson) mentre in altre potrebbero essere sufficienti dei dosaggi inferiori (vedi gli stati d’ansia); la review sembra tuttavia orientarsi verso degli outcomes migliori per i dosaggi più alti. Altro spunto interessante è che nelle condizioni patologiche come per esempio Crohn e dolore cronico per le quali non sono emersi risultati incoraggianti (contrariamente a quanto si sarebbe potuto pensare sulla base di numerosi studi preclinici) sono stati verosimilmente utilizzati dei dosaggi che gli autori definiscono “subterapeutici”, incoraggiando pertanto in questi casi dei trials clinici con dosaggi maggiori. In definitiva la strada per la comprensione dei dosaggi effettivi del CBD nel trattamento di tutte quelle malattie per le quali è ipotizzabile un suo effetto terapeutico inizia finalmente a delinearsi (grazie a lavori come questo esaminato oggi), servono tuttavia ancora numerosi sforzi per arrivare a dei risultati più solidi e pertanto realmente applicabili nella pratica clinica. Bibliografia 1: Pisanti S. et al., Cannabidiol: State of the art and new challenges for therapeutic applications; Pharmacology & Therapeutics; 2017. 2: Kerstin Iffland, Franjo Grotenhermen, An Update on Safety and Side Effects of Cannabidiol: A Review of Clinical Data and Relevant Animal Studies; Kerstin Iffland and Franjo Grotenhermen; Cannabis and Cannabinoid Research; vol 2.1 2017. 3: Millar SA et al., A systematic review of cannabidiol dosing in clinical populations; British Journal of Clinical Pharmachology Sep. 85(9):1888-1900, 2019. Autore: Dott. Francesco Buia Medico Chirurgo
Il prurito cronico è un sintomo disturbante che ha un grande impatto sulla qualità di vita di chi ne è affetto. Questo sintomo solitamente viene trattato mediante diversi approcci terapeutici, sulla base della condizione patologica che ne è alla base. Recenti evidenze hanno dimostrato l’efficacia dei cannabinoidi nel trattamento del prurito. Il sistema endocannabinoide è presente e funzionale all’interno di tutto il tessuto cutaneo e gli endocannabinoidi rivestono un ruolo nella regolazione dell’omeostasi tissutale in termini di differenziamento, sopravvivenza e proliferazione cellulare, oltre ad effetti antinfiammatori e analgesici. Gli studi degli ultimi anni, nel modello animale e nell’uomo, hanno evidenziato l’effetto benefico dei cannabinoidi (endocannabinoidi, fitocannabinoidi e cannabinoidi di sintesi) sul sintomo del prurito grazie alle diverse azioni di queste molecole sul sistema endocannabinoide cutaneo. L’articolo raccoglie lo stato dell’arte della ricerca clinica e preclinica sull’ azione dei cannabinoidi a livello cutaneo, con particolare focus sugli effetti nel prurito cronico. Il sistema endocannabinoide cutaneo Recenti evidenze hanno messo in luce l’esistenza di un sistema endocannabinoide attivo nella cute che risulta coinvolto in molti processi biologici [1]. I recettori CB1 e CB2 sono stati rilevati in diverse cellule cutanee tra cui le fibre nervose, i mastociti, i cheratinociti epidermici e le cellule del tessuto annessiale [1]. Le indagini degli ultimi anni hanno dato prova che il sistema endocannabinoide cutaneo è completamente funzionante e il suo ruolo principale sembra essere quello di favorire l’omeostasi tissutale mediante il controllo dei processi cellulari di [1]: Proliferazione Differenziamento Sopravvivenza Gli endocannabinoidi mostrano un’influenza anche a livello immunitario, in particolare nei fenomeni di tolleranza e competenza immunologica [1]. In particolare, queste molecole esercitano un’azione anti-infiammatoria, grazie alla riduzione della degranulazione dei mastociti [2].Gli agonisti dei recettori CB, inoltre, stimolano la produzione di ceramide migliorando lafunzione della barriera epiteliale [2]. Il sistema endocannabinoide cutaneo. Figura tratta da Marks 2019 [3]. Queste proprietà peculiari rendono i cannabinoidi dei composti estremamente interessanti per il trattamento di varie condizioni cutanee tra cui: acne, dermatiti, psoriasi, tumore cutaneo (come sarcoma di Kaposi e melanoma), manifestazioni cutanee della sclerosi multipla e prurito cronico [4]. Il prurito cronico Si definisce prurito la sensazione che causa un’immediata necessità di grattare la zona cutanea colpita [1]. Il prurito è “cronico” quando questa sensazione permane per almeno 6 settimane [5]. La prevalenza del prurito cronico sembra aumentare con l’età, con circa il 60% delle persone con più di 65 anni che lamenta prurito da lieve a grave [5]. Secondo un recente studio cross-sectional [6], l’incidenza del prurito cronico nella popolazione generale sembra essere più elevata del previsto, ovvero del 22% nella popolazione adulta durante l’arco della vita. All’origine del prurito cronico ci sono sia cause prettamente cutanee che sistemiche. Il prurito si può associare, infatti, a dermatosi con presenza di lesioni cutanee primarie o a patologie sistemiche che non presentano necessariamente lesioni cutanee. Nel 8-15% dei casi la causa resta sconosciuta [5]. Le condizioni associate al prurito possono essere malattie renali, epatiche, neurologiche, dermatologiche, metaboliche, infettive [5]. Il sintomo può essere associato anche all’assunzione di alcuni farmaci [5]. In generale si può affermare che il prurito cronico è spesso strettamente connesso al dolore cronico [5]. Le condizioni principalmente associate al prurito cronico sono: Malattia di Alzheimer con orticaria concomitante Psoriasi Cirrosi biliare primaria Malattia renale cronica Linfoma di Hodgkin Sono stati identificati diversi meccanismi alla base del prurito cronico che non sempre implicano la presenza di uno stato infiammatorio [5]. Data l’eterogeneità delle cause, anche le opzioni terapeutiche sono molto diverse e ogni caso di prurito cronico merita di essere esaminato in modo specifico al fine di individuare la terapia più efficace che può essere sia topica, che sistemica [5]. Evidenze nel trattamento del prurito cronico Le evidenze più promettenti in termini di potenziale terapeutico della famiglia dei cannabinoidi sono proprio relative al sintomo del prurito [4]. In particolare, gli effetti analgesico e anti-allergico sembrano essere alla base dell’azione di queste sostanze nel prurito cronico [1 - 4,7]. Evidenze precliniche Uno studio condotto in gatti affetti da granuloma eosinofilico ha dimostrato, invece, l’efficacia dell’endocannabinoide palmitoiletanolamide (PEA) [8]. Dopo un mese di trattamento è stato evidenziato un miglioramento del prurito, così come dell’eritema e della gravità delle lesioni cutanee nel 64% degli animali. Schlosburg e colleghi hanno riportato l’azione benefica del tetraidrocannabinolo (THC), somministrato per via sistemica, in un modello murino di allergia acuta [9]. Il THC è risultato efficace nel ridurre il prurito grazie all’attivazione del recettore CBR1. In particolare l’effetto sembra essere mediato dal potenziamento del sistema endocannabinoide cutaneo mediante la soppressione neuronale dell’amide idrolasi degli acidi grassi (FAAH), l’enzima responsabile della degradazione dell’anandamide [3,9].Uno studio del 2018 ha evidenziato un effetto anti-prurito di un agonista cannabinoide di sintesi (WIN 55,212-2) su un modello murino di prurito indotto farmacologicamente [10]. Il sintomo è stato mitigato dal trattamento con l’agonista in studio, somministrato a livello sistemico (intraperitoneale), in modo dose-dipendente. I risultati suggeriscono, in particolare, il coinvolgimento del recettore CB1 localizzato a livello spinale, evidenziando un meccanismo mediato dal sistema nervoso centrale. Evidenze cliniche Uno studio su 18 partecipanti ha indagato gli effetti di un composto agonista sui recettori CB (HU120) in un modello di prurito indotto da istamina. La molecola ha ridotto la vasodilatazione e la reazione neurogenica quando somministrata prima dello stimolo dell’istamina [11]. L’endocannabinoide PEA è stato utilizzato in diversi studi clinici e, anche nell’uomo, ha dimostrato la sua efficacia [3,7]. L’endocannabinoide PEA ha mostrato un’azione benefica verso il prurito in uno studio in aperto su 22 soggetti affetti da prurito cronico (prurigo), lichen simplex (un’infiammazione cronica e pruriginosa dello strato superiore della pelle) o da prurito refrattario [12]. In particolare, una crema emolliente contenente PEA (PEACE) ha determinato la riduzione media del sintomo di circa l’86%. Il 63,3% (14 soggetti su 22) dei soggetti ha riportato un marcato sollievo [12]. Gli effetti positivi della crema PEACE sono stati evidenziati anche in un ampio studio osservazionale, in aperto, su circa 2500 individui affetti da dermatite atopica [13]. Il prurito, misurato mediante punteggio VAS (visual analogue scale), è diminuito da un punteggio di 4,89 a 1,97 dopo 39 giorni di trattamento con PEACE. La completa risoluzione del sintomo è stata raggiunta dal 38,3% dei soggetti e nel 41% degli individui in studio il prurito è migliorato significativamente. Il PEA si è dimostrato utile anche in uno studio pilota in aperto su pazienti in emodialisi affetti da prurito uremico [14]. L’applicazione topica due volte al giorno di una crema emolliente contenente PEA e anandamide (AEA) per 3 settimane ha portato alla completa risoluzione del sintomo in 8 pazienti su 21 (38,1%) e ad una riduzione significativa dell’intensità del prurito in circa la metà dei soggetti. Tabella riassuntiva dei dati relativi all’azione dei cannabinoidi sul prurito [8-14]. Conclusioni I cannabinoidi influenzano i processi fondamentali per l’omeostasi del tessuto cutaneo. Le evidenze cliniche e precliniche ad oggi disponibili hanno dimostrato il potenziale terapeutico di queste molecole nel trattamento del prurito cronico. In futuro, nuovi studi randomizzati e controllati saranno utili per confermare l’efficacia dei cannabinoidi, per individuare le modalità più adeguate e le molecole più promettenti per il trattamento delle persone affette da prurito cronico. L’implementazione della terapia con cannabinoidi nella pratica clinica potrebbe essere utile soprattutto in quei soggetti affetti da prurito che non risponde alle altre terapie. Bibliografia 1: Birò T, et al. The endocannabinoid system of the skin in health and disease:novel perspectives and therapeutic opportunities. Trends Pharmacol Sci. 2009 August ; 30(8): 411–420. 2: Jeaong S, et al. Epidermal Endocannabinoid System (EES) and its Cosmetic Application. Cosmetics 2019, 6(2), 33. 3: Marks DH, Friedman A. The Therapeutic Potential of Cannabinoids in Dermatology. Skin Therapy Letters, 2018; Volume 23, issue 6 4: Eagelston LRM, et al. Cannabinoids in dermatology: a scoping review. Dermatol Online J. 2018 Jun 15;24(6). 5: European Guideline on Chronic Pruritus. In cooperation with the European Dermatology Forum (EDF) and the European Academy of Dermatology and Venereology (EADV). Acta Derm Venereol 2012; 92: 563–581. 6: Matterne U, Apfelbacher C, Loerbroks A. Prevalence, correlates and characteristics of chronic pruritus: a population- based cross-sectional study. Acta Derm Venereol 2011; 91: 674–679 7: Kupczyk P, et al. Cannabinoid system in the skin – a possible target for future therapies in dermatology. Exp Dermatol. 2009 Aug;18(8):669-79. 8: Scarampella F, Abramo F, Noli C. Clinical and histological evaluation of an analogue of palmitoylethanolamide, PLR 120 (comicronized Palmidrol INN) in cats with eosinophilic granuloma and eosinophilic plaque: a pilot study. Vet Dermatol 2001: 12: 29–39. 9: Schlosburg J E, Boger D L, Cravatt B F, Lichtman A H. Endocannabinoid modulation of scratching response in an acute allergenic model: a new prospective neural therapeutic target for pruritus. J Pharmacol Exp Ther 2009: 329: 314–323. 10: Bilir KA, et al. Involvement of spinal cannabinoid receptors in the antipruritic effects of WIN 55,212‐2, a cannabinoid receptor agonist. Clin Exp Dermatol. 2018 Jul;43(5):553-558. 11: Dvorak M, et al. Histamine induced responses are attenuated by a cannabinoid receptor agonist in human skin. Inflamm Res. 2003 Jun;52(6):238-45. 12: Ständer S, et al. [Topical cannabinoid agonists. An effective new possibility for treating chronic pruritus]. Hautarzt. 2006 Sep;57(9):801-7. 13: Eberlein B, et al. Adjuvant treatment of atopic eczema: assessment of an emollient containing N-palmitoylethanolamine (ATOPA study). J Eur Acad Dermatol Venereol 2008: 22: 73–82. 14: Szepietowski J C, Szepietowski T, Reich A. Efficacy and tolerance of the cream containing structured physiological lipids with endocannabinoids in the treatment of uremic pruritus: a preliminary study. Acta Dermatovenerol Croat 2005: 13: 97–103. Autore: Redazione Cannabeta
Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale. Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto - facilmente trattabile e, in genere, autolimitante - oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire. Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L'ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto high psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale. Meccanismi e tipologie di dolore: un’introduzione. Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno. Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP) Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico: Che cos'è il dolore acuto? Si manifesta improvvisamente ed è causato da qualcosa di specifico, ad esempio un trauma o un intervento chirurgico, e può essere accompagnato da ansia o stress emotivo. Ha una durata limitata e scompare all’estinguersi della causa. Le cause del dolore acuto includono: • Chirurgia • Traumi • Ustioni o tagli • Travaglio e parto Che cos'è il dolore cronico? Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono: • Emicrania e cefalea • Artrite • Cancro • Nevralgia • Sciatalgia • Fibromialgia • Dolore neuropatico Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante . Nell'ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici. Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate. Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione sul dolore cronico Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia. Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico. Gli usi terapeutici del CBD per il dolore cronico Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l'efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico. L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia. Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell'infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l'infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell'insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l'attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico. Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico. Bibliografia Carrier EJ, Auchampach JA, Hillard CJ. Inhibition of an equilibrative nucleoside transporter by cannabidiol: a mechanism of cannabinoid immunosuppression. Proc Natl Acad Sci U S A. 2006 May 16;103(20):7895-900. De Gregorio D, McLaughlin RJ, Posa L, Ochoa-Sanchez R, Enns J, Lopez-Canul M, Aboud M, Maione S, Comai S, Gobbi G. Cannabidiol modulates serotonergic transmission and reverses both allodynia and anxiety-like behavior in a model of neuropathic pain. Pain. 2019 Jan;160(1):136-150. Finnerup, N.B.; Attal, N.; Haroutounian, S.; McNicol, E.; Baron, R.; Dworkin, R.H.; Gilron, I.; Haanpaa, M.; Hansson, P.; Jensen, T.S.; et al. Pharmacotherapy for neuropathic pain in adults: A systematic review and meta-analysis. Lancet Neurol. 2015, 14, 162–173. Finnerup, N.B.; Sindrup, S.H.; Jensen, T.S. The evidence for pharmacological treatment of neuropathic pain. Pain 2010, 150, 573–581. Fiz, J., Durán, M., Capellà, D., Carbonell, J., & Farré, M. (2011). Cannabis Use in Patients with Fibromyalgia: Effect on Symptoms Relief and Health-Related Quality of Life. PLoS ONE, 6(4), e18440. Gatchel RJ, McGeary DD, McGeary CA, Lippe B. Interdisciplinary chronic pain management: past, present, and future. Am Psychol. 2014 Feb-Mar;69(2):119-30. Guida F., Luongo L., Marmo F., Romano R., Iannotta M., Napolitano F., et al. (2015). Palmitoylethanolamide reduces pain-related behaviors and restores glutamatergic synapses homeostasis in the medial prefrontal cortex of neuropathic mice. Mol. Brain 8:47. 10.1186/s13041-015-0139-5 Institute for Chronic Pain. Sindrome del dolore cronico, accesso al 26 giugno 2017. NIH. Pain management: Acute and Chronic Iseger, T. A., & Bossong, M. G. (2015). A systematic review of the antipsychotic properties of cannabidiol in humans. Schizophrenia Research, 162(1-3), 153-161. Jensen, M.P.; Chodroff, M.J.; Dworkin, R.H. The impact of neuropathic pain on health-related quality of life: Review and implications. Neurology 2007, 68, 1178–1182. Molecules 2018, 23, 2478 20 of 25. Luongo L, Petrelli R, Gatta L, Giordano C, Guida F, Vita P, Franchetti P, Grifantini M, de Novellis V, Cappellacci L, Maione S. 5'-Chloro-5'-deoxy-(±)-ENBA, a potent and selective adenosine A(1) receptor agonist, alleviates neuropathic pain in mice through functional glial and microglial changes without affecting motor or cardiovascular functions. Molecules. 2012 Nov 22;17(12):13712-26. Lastres-Becker I., Molina-Holgado F., Ramos J. A., Mechoulam R., Fernández-Ruiz J. 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The search for novel analgesics: targets and mechanisms. F1000Prime Rep. 2015 May 26. Autore: Carmela Belardo, PhD Dipartimento di Medicina Sperimentale Divisione di Farmacologia, Universitá degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli