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Se stai leggendo questo articolo probabilmente stai cercando un rimedio naturale per combattere dolori cervicali, nervo sciatico, un semplice mal di testa ricorrente, o i più comuni dolori articolari che possono manifestarsi nella quotidianità.Ti aiuteremo a scoprire come il CBD (cannabidiolo) può aiutare e intervenire, grazie alle sue proprietà antinfiammatorie e analgesiche, potrebbe rappresentare una svolta importante per il tuo benessere quotidiano, specialmente nella sua forma più diffusa ovvero l'olio di cbd.
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Grazie alla varietà di effetti benefici che vengono associati al CBD, potrebbe sembrare come la bacchetta magica in grado di risolvere tutti i problemi di salute di una persona. Molti di questi effetti e benefici sono ampiamente sostenuti da ricerche scientifiche e dalle testimonianze dirette di milioni di persone nel mondo che hanno tratto beneficio dall'utilizzo del CBD.
Vediamo quali sono queste proprietà terapeutiche, e poi andremo a capire come mai gli effetti del CBD sono così ad ampio raggio e diversi tra loro.
Proprietà analgesiche e anti-infiammatorie: è probabilmente la sua funzione più importante, ed è oggetto di questo articolo, che svilupperemo quindi a seguire nel dettaglio.
Il Cannabidiolo mitiga la percezione del dolore grazie alla sua interazione con i recettori del sistema endocannabinoide presente nel corpo umano.
I risultati di uno studio pubblicato sul Journal of Neurochemistry, hanno dimostrato che il CBD ha avuto una serie di effetti più che positivi per quanto riguarda la neuroprotezione e l’azione antiossidante.
Nel caso di malattie neurodegenerative specifiche, come nel caso della sindrome di Alzheimer, alcuni risultati “singoli” hanno portato la comunità scientifica a valutare l’impiego del cannabidiolo.
Proprietà energizzanti e antiossidanti: noto per i suoi effetti calmanti, il CBD offre anche proprietà energizzanti, grazie alla sua azione detossinanate e alla capacità di rafforzare le cellule del corpo umano, contribuendo alla loro corretta rigenerazione. È anche un ottimo antiossidante, secondo uno studio del 2008, addirittura migliore delle vitamine C e E.
Per chiudere, vengono attribuite al CBD anche proprietà antiemetiche, ovvero è in grado di trattare efficacemente i sintomi di nausea e vomito, proponendosi come un coadiuvante nel caso di chemioterapia o altri trattamenti oncologici; il cannabidiolo offre proprietà anticonvulsivanti ed antiepilettiche, in grado di trattare particolari e gravi forme di epilessie farmaco-resistenti come la Sindrome di Dravet, e infine anche effetti miorilassanti, contribuendo a ridurne la rigidità e la tensione.
Il cannabidiolo e le sue proprietà antidolorifiche: come interagisce con il corpo e come controlla il dolore?
Gli esseri umani sono dotati di una “rete” composta da milioni di recettori capaci di interagire con i cannabinoidi: sostanze che possono essere prodotte all’interno dell’organismo (e che in questo caso si chiamano endocannabinoidi) o che possono provenire dall’esterno (e che in questo caso si chiamano fitocannabinoidi). Questa rete di recettori è conosciuta con il nome di “sistema endocannabinoide”.
Il cannabidiolo é un fitocannabinoide che agisce indirettamente sui recettori di questo sistema. Il CBD esercita la propria azione tramite molti meccanismi diversi: non agisce su una particolare patologia ma interviene a seguito di uno squilibrio del nostro sistema endocannabinoide provocato da uno stimolo, come nel caso del dolore.
Alcuni studi hanno evidenziato come il cannabidiolo sia in grado di influire sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide chiamato anandamide, una delle molecole neuro-modulatrici associate anche alla percezione del dolore.
Altri studi riportano che il CBD è in grado di attivare recettori coinvolti con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Il cannabidiolo è risultato infine essere promettente per il trattamento di due particolari tipi di dolore cronico, quello neuropatico e quello dovuto a un’infiammazione.
Per dolore neuropatico si indica il dolore provocato da quelle condizioni (malattie o disfunzioni) che colpiscono il sistema nervoso centrale.
Il dolore neuropatico si genera all’interno del sistema nervoso. Si tratta di un dolore ben diverso da quello nocicettivo - provocato da una lesione, un’ustione o un taglio, ad esempio - il cui stimolo si origina nella zona del trauma e “viaggia” fino al sistema nervoso.
Si tratta del dolore provocato da un’infiammazione, una reazione difensiva del nostro organismo in risposta a stimoli nocivi.
Alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia del CBD nell’intervenire sull’infiammazione provocata dall’artrite, contribuendo così a ridurre il dolore.
Il meccanismo d’azione dei cannabinoidi è stato studiato nel contesto di varie patologie e condizioni che portano a una condizione di dolore cronico di natura neuropatica, come nel caso della nevralgia trigeminale o dei cicli di chemioterapia. Gli studi fin ora condotti hanno dimostrato l’ottima efficacia del cannabidiolo nell’intervenire sul dolore neuropatico.
Mentre altri principi attivi della cannabis vengono già impiegati in ambito oncologico per la loro efficacia nell’attenuare la nausea, il cannabidiolo, nello specifico, si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai farmaci chemioterapici.
Il CBD, inoltre, riduce quelle complicazioni spesso associate al dolore cronico come ansia e depressione. Secondo alcuni studi il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità e aiuta il paziente ad affrontare la sua condizione.
Il cannabidiolo viene impiegato anche per il trattamento del dolore provocato da un’infiammazione. Vari studi scientifici hanno indagato l’efficacia del cannabidiolo su molte condizioni infiammatorie, come nel caso dell’artrosi. È dimostrato che l’assunzione di CBD protegge le articolazioni contro danni gravi e riduce l’infiammazione.
Il CBD potrebbe essere una valida opzione per il trattamento di diverse situazioni contraddistinte da dolore infiammatorio. Uno studio pubblicato sulle pagine dello European Journal of Pain ha dimostrato che il CBD applicato sulla pelle può aiutare a ridurre il dolore e l'infiammazione dovuta all'artrite.
La ricerca scientifica sul rapporto CBD e dolore ha fatto passi da gigante negli ultimi anni; così come vengono sempre più studiati i molteplici impieghi che si possono fare della pianta di cannabis nell’ambito della salute umana e animale.
C’è ancora molta strada da percorrere ma, ad oggi, il cannabidiolo può considerarsi a tutti gli effetti un valido alleato per alleviare la sofferenza provocata da una condizione di dolore cronico. Sempre più medici, infatti, ne suggeriscono l’utilizzo in parallelo con altre terapie per accompagnare la quotidianità di tutte quelle persone che si trovano costrette a convivere con il dolore.
Lo stato della ricerca medico-scientifica sul cannabidiolo
Gli ultimi anni hanno visto un rinnovato interesse da parte della comunitá scientifica per il cannabidiolo grazie alla scoperta della sua attivitá antiossidante, antinfiammatoria e neuroprotettiva che si verifica per la maggior parte dei casi indipendentemente dalla diretta interazione con i recettori per i cannabinoidi.
Questo rende il CBD un composto “multitarget” e coinvolto in piú meccanismi biochimici alla base di diversi processi patologici. Il CBD fa valere questa sua versatilità, riuscendo ad agire su vari tipi di dolore, fra cui quello neuropatico e quello infiammatorio.
Il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicato a marzo 2018 ha presentato al pubblico l’attuale stato della ricerca scientifica sul cannabidiolo . Secondo il report dell’OMS il cannabidiolo non provoca effetti collaterali sulla nostra salute ma, piuttosto, le attuali evidenze indicano chiaramente la sua potenziale applicazione in ambito medico.
Secondo il rapporto il cannabidiolo (CBD) è sicuro e ben tollerato negli esseri umani (e negli animali), e non è associato ad alcun effetto negativo sulla salute pubblica.
La ricerca suggerisce che piú che definire il Cannabidiolo sostanza non psicoattiva bisognerebbe definirla non inebriante, questo perché non altera le percezioni ed è privo di quelle caratteristiche che potrebbero trasformarlo in una sostanza in grado di dare fenomeni di abuso o dipendenza.
(estratto di articolo del nostro blog -> https://blog.enecta.it/chi-utilizza-il-cbd-una-ricerca-di-project-cbd)
Sono stati pubblicati i primi risultati di una articolata analisi condotta dalla realtà nonprofit californiana Project CBD con l’obiettivo di fare luce sulle abitudini, le preferenze e le necessità delle persone che consumano cannabidiolo (CBD) con uno specifico scopo terapeutico.
Il progetto è, al momento, la più articolata ricerca mai condotta per valutare gli aspetti qualitativi dell’impiego di cannabidiolo (CBD). Alla fine di giugno 2019 ben 3.506 persone (da 58 diverse nazioni) hanno risposto a un questionario di più di 200 domande in cui hanno descritto le modalità e gli scopi con cui assumono il cannabidiolo. L’indagine è ancora in corso e nei prossimi mesi si arricchirà del contributo di altre centinaia di persone.
Gli autori dello studio hanno indicato in maniera molto chiara il fatto che l’indagine tiene conto del fatto che la gran parte delle persone contattate per lo studio sono consumatori di cannabidiolo che verosimilmente hanno un’opinione positiva sugli effetti benefici che può portare il consumo di quel particolare principio attivo della pianta di cannabis.
Lo studio ha confermato alcune delle evidenze già note sul CBD, con particolare riferimento al suo eccellente profilo di sicurezza. In generale i partecipanti hanno riportato che il cannabidiolo comportava evidenti miglioramenti nel momento in cui veniva impiegato per trattare ansia e dolore.
Ciò non di meno, è emerso anche che il cannabidiolo non è una panacea per ogni male. Nel momento in cui veniva impiegato in ambiti “estranei” all’uso comune (come nel caso dei sintomi della menopausa o dell’andropausa), il cannabidiolo non risultava efficace.
Oltre a confermare i benefici e a delimitare gli ambiti d’impiego, lo studio offre anche una panoramica sul “tipo” di consumatore di cannabidiolo e sulle sue abitudini generali.
In base ai dati raccolti dallo studio, il consumatore tipico è donna, d’età superiore ai 45 anni e con un buon livello d’istruzione. Da non trascurare il fatto che il 20% dei partecipanti consumatori ha dichiarato di avere più di 64 anni d’età. Gli autori spiegano questo risultato descrivendo il fatto che, in genere, un consumatore di CBD è anche una persona che dedica una particolare attenzione alla salute, informandosi sulle ultime novità terapeutiche. Inoltre, alcune condizioni che comportano dolore cronico sono più frequenti con l’aumentare dell’età.
(estratto dalla pagina CHE COS'E' IL CBD)
L’estrazione del CBD avviene partendo da varietà di cannabis iscritte al registro comunitario europeo e ammesse alle coltivazioni a uso industriale. Si tratta di cannabis con un basso contenuto di THC (sempre al di sotto dello 0,2% come previsto dai limiti di legge). All'inizio viene ricavato un estratto grezzo dalla pianta di canapa.
In questo estratto ci sono tanti componenti della pianta, il CBD e quantità minori di altri cannabinoidi, clorofilla, cera, terpeni e tutto ciò che si può estrarre dalla pianta lo troviamo nella prima fase di estrazione che ha l'aspetto di una melassa scura e che conserva al suo interno tutto lo spettro di molecole della pianta di canapa.
Partendo da questo primo estratto, si susseguono varie fasi di raffinazione, che conducono man mano a ottenere una sempre maggiore purezza nel prodotto finale.
Quanto più andiamo a raffinare il prodotto e quanto più si focalizza l'attenzione solo su una molecola specifica, tanto più nell'estratto finale ritroviamo alte percentuali di CBD e una quantità decisamente inferiore di tutte le altre sostanze.
Una volta superata la soglia dell'80% di purezza del CBD all'interno dell'estratto, questo inizia a solidificare o, usando il termine specifico, a cristallizzare. Solo in questa fase si possono individuare i primi cristalli nell'estratto.
Il processo di raffinazione prosegue fino a eliminare tutto ciò che non sia cannabidiolo puro e ottenere un estratto finale puro al 99% e oltre: in pratica, con il cristallo abbiamo la molecola pura di cannabidiolo (CBD).
Abbiamo tante altre cose da dirti, cosa ti può interessare?