In ambito botanico con il termine Canapa si fa riferimento a quel gruppo di piante afferenti al genere Cannabis. Tale pianta ha avuto nella storia utilizzi molto diversi, viste le sue diverse attitudini in ambito industriale e medico. Negli anni, per via della criminalizzazione, la ricerca scientifica è stata notevolmente rallentata e solo recentemente si sta rinnovando l’interesse su di essa. Di seguito una mini-guida che si propone di fornire informazioni essenziali e puntuali sulla pianta che sta rivoluzionando la medicina.
Si ritiene che la coltura della Cannabis abbia origini asiatiche e si è ipotizzato che possa essere collocata tra Mar Caspio, Cina e Himalaya [1-3]. La prima attestazione dell’utilizzo medico della Cannabis risale al I secolo d.C., tale descrizione si ritrova nel Naturalis Historia di Plinio il vecchio [4].
La Canapa è una pianta che fa parte della famiglia delle Cannabaceae, attualmente la classificazione botanica inquadra tre specie (Schultes, 1974) nel genere Cannabis:
La Canapa è una pianta che presenta dimorfismo sessuale, cioè caratteristiche esterne che differiscono da pianta maschio a pianta femmina (figura 2).
In ambito medico vengono, per ora, impiegate esclusivamente piante femmina, poiché da esse si ricavano infiorescenze, le quali contengono molti principi attivi ad utilizzo medico. Si nota che nelle specie C. sativa da fibra le infiorescenze sono ampie e vaporose con minore contenuto di principi attivi mentre nelle C. indica sono fitte e compatte e vengono selezionate per la produzione di principi attivi (figura 3).
Nelle varietá di Canapa ad uso medico, l'alto contenuto di principi attivi, in particolare di cannabinoidi e terpeni, è dovuto alla maggiore presenza di tricomi che producono una resina ricca di tali composti (figura 4). I tricomi sono dei peli ghiandolari la cui produzione aumenta durante la fioritura. Negli esemplari femminili selezionati si riescono a notare ad occhio nudo sulle infiorescenze e sulle foglie adiacenti ad essi.
Tra i principali composti che la Cannabis produce vi sono i cannabinoidi (Figura 5), i terpeni (figura 6) e i flavonoidi [5]. Le sostanze prodotte e identificate dalla Canapa sono circa 554, di cui 113 sono fito-cannabinoidi e 120 terpeni, esse sono principalmente contenute nella resina e in minor parte all’interno della pianta [6]. Non tutti i composti chimici della Canapa sono stati scoperti, recentemente sono stati riconosciuti altri due cannabinoidi quali THCP e CBDP [7], quindi la ricerca continua ad avanzare al fine di isolarli e identificarli. I motivi per cui la Canapa produca cannabinoidi e terpeni non è chiaro, alcune ricerche ritengono che la produzione di tali composti serva alla pianta a proteggersi dagli attacchi dei batteri [8], altri studi ritengono che la resina ricca di tali principi attivi crei una protezione dai danni dei raggi UV [9]. Infine, risulta possibile che la componente terpenica possa avere un ruolo di difesa contro gli insetti che possono mangiare il fiore [10].
Attualmente in Italia gli agricoltori possono coltivare solo circa 64 varietà approvate dall’Unione Europea delle oltre 16000 varietà di Canapa esistenti. Le varietà approvate dall’Unione Europea non sono state selezionate a scopo medico, ma a scopo tessile e per l’estrazione dai semi di olio per l’utilizzo alimentare. Ciò comporta una differenza sostanziale per quanto riguarda la produzione di principi attivi ad uso medico.
Le varietà industriali coltivabili producono principalmente fibra, di fatto tendono a formare un fusto ricco di legno e delle infiorescenze più piccole; al contrario le varietà medicinali tendono a formare infiorescenze più grandi e fusti meno legnosi [11] (Figura 7).
Le varietà industriali approvate dall’UE non possono superare lo 0.2% di THC contenuto nelle infiorescenze e risultano poco ricche di CBD rispetto alla varietà medicinali. La quantità di CBD delle varietà industriali risulta oscillare, in media, dal 1 % fino ad un 4.5%. Tale valore dipende sia dalla genetica della pianta che dalle tecniche di coltivazione. Le varietá industriali essendo coltivate all’aperto e in pieno campo risultano avere un quantitativo di cannabinoidi di molto inferiore rispetto alle varietà medicinali coltivate in serre specializzate.
Ad oggi per varietá ad uso medico si intendono quelle con un livello di THC superiore allo 0.2% e pertanto non incluse tra le varietá ammesse nel registro EU per l’agricoltura. In Italia la coltivazione di Cannabis per uso medico è ammessa solo per le varietá FM1 ed FM2 ed è demandata all’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze.
Le differenze tra le varietà industriali attualmente coltivabili in Italia e le varietà medicinali coltivate all’estero risulta essere netta. Uno studio di Small e Naraine pubblicato nel 2016 [12] ha messo a confronto la grandezza delle teste dei tricomi ghiandolari tra le varietà per la produzione di fibra industriale e le varietà per la produzione di metaboliti terapeutici. Da ciò risulta che le varietà selezionate a scopi medici abbiano un volume dei tricomi di molto superiore rispetto alle varietà industriali (figura 8) e di conseguenza una maggiore produzione di cannabinoidi (figura 9).
Un altro studio di Small e Naraine [13] ha messo in evidenza che nelle varietà mediche la lunghezza maggiore degli stigmi fiorali rispetto a quella delle varietà industriali sia correlata a una maggiore produzione di cannabinoidi (figura 10).
Si può notare una correlazione diretta tra la larghezza dei tricomi e la lunghezza degli stigmi fiorali con la produzione di cannabinoidi da parte di questi sull’infiorescenza femminile. È perciò evidente che le varietà medicinali concentrano le loro energie soprattutto per produrre metaboliti terapeutici rispetto alle varietà industriali.
Negli ultimi anni si è notato che non solo i cannabinoidi, ma anche i terpeni (quali pinene, limonene e mircene), pur presenti in minima quantità nell’infiorescenza possono cambiare gli effetti fisiologico nel corpo umano.
Per tale motivo alcuni studi mettono in evidenza la necessità di classificare la Canapa dal punto di vista del profilo chimico e in particolare del bouquet terpenico, al fine di selezionare le varietà denominate chemovar, cioè varietà di Canapa che producono un quantitativo specifico di determinati terpeni, al fine di soddisfare le specifiche esigenze terapeutiche del paziente [14,15].
Attualmente vi è un grande interesse nel coltivare piante che presentino una uniformità elevata per quanto riguarda la crescita della pianta e la produzione di metaboliti terapeutici. Tale uniformità è raggiungibile attraverso la selezione di piante d’élite le quali vengono inizialmente coltivate in vitro tramite la micropropagazione.
Tale tecnica consiste nel prelievo di una piccola porzione di cellule della pianta madre e da tale porzione, che può essere anche poco più piccola di una punta di un ago, si fa ricrescere un’intera pianta, la quale avrà le medesime caratteristiche della pianta da cui derivava [16].
A seguito di tali studi scientifici risulta evidente che le varietà selezionate a scopo medico risultano essere piú performanti nelle produzioni di metaboliti terapeutici rispetto alle varietà selezionate a scopi industriali.
Le varietà mediche presentano caratteristiche che permettono di avere elevate produzioni di cannabinoidi e terpeni da parte delle piante di sesso femminile. Si ha un’elevata produzione di metaboliti terapeutici poiché esse sviluppano infiorescenze più grosse, stigmi più lunghi e tricomi ghiandolari più voluminosi rispetto alle varietà industriali. Queste ultime tendono a sviluppare un fusto lungo e ricco di fibre legnose piuttosto che sviluppare le infiorescenze.
Inoltre, le varietà a scopo medico producono una grande quantità di infiorescenze, a differenza delle varietà industriali le quali ne producono molte di meno. E’ quindi evidente che ogni varietà di Cannabis ha sviluppato le proprie pecularietà.
Autore: Carlo Roperto, Dottore Agronomo