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Gli Italiani e il CBD: la prima indagine sull’utilizzo del CBD nel nostro paese

La cosiddetta ‘cannabis light’, o canapa industriale,  è coltivata legalmente in Italia ai sensi della Legge 242 del 2016, che ne permette appunto produzione e vendita se il contenuto di THC è sotto una certa soglia stabilita tra 0,2 e 0,6%.

Viene utilizzata in Italia soprattutto nell’industria tessile, ma  sono presenti anche altri principi attivi, quali ad esempio il cannabidiolo o CBD [1] , che hanno dimostrato, a seguito di studi scientifici, benefici per la salute, e vengono utilizzati notoriamente per migliorare il benessere fisico e mentale. In particolare gli ultimi anni hanno visto un rinnovato interesse per il CBD, soprattutto grazie alla scoperta della sua attività antiossidante, antinfiammatoria e neuroprotettiva.

La vasta gamma dei suoi effetti sull'organismo è ampiamente documentata [2] e le prove della sua efficacia sono sostanzialmente variabili nelle diverse indicazioni [3], con dati ottenuti relativi a dolore cronico [4], disturbi dell’umore [5], disturbi neurodegenerativi [6] e come anticonvulsivante nel trattamento dell'epilessia [7]. Diversi studi hanno, inoltre, dimostrato un effetto ansiolitico del CBD [8], mentre gli effetti riportati sui disturbi del sonno sembrano incoraggianti [9] indicando un ruolo del composto nel ciclo sonno-veglia.

È per questo motivo, che Cannabeta ha deciso di commissionare alla società MinervaTop, uno studio volto proprio a comprendere la conoscenza e l’utilizzo, da parte degli italiani del CBD, ed in particolare degli oli (o altri estratti) a base di CBD. 

MinervaTop è una società appartenente ad Elita srl, con sede a Udine. MinervaTop è un team composto di matematici e statistici che applica le tecniche della statistica inferenziale a ricerche di mercato, sondaggi politici e indagini di opinione.   

Dai risultati emersi dall’indagine, circa due terzi degli Italiani ha sentito parlare del cannabidiolo (62%). L’argomento ‘CBD’ è quindi largamente presente nel dibattito pubblico. A questo dato, si aggiunge quello relativo all’utilizzo di oli o estratti a base di CBD. Il 6% degli Italiani li utilizza regolarmente, mentre il 18% dichiara di usarli saltuariamente.  Dati molto simili a quelli riscontrati in una recente indagine condotta negli Stati Uniti (33% di utilizzatori) [11].

L’indagine, pubblicata anche sull'inserto Salute del quotidiano la Repubblica, è  la prima ad essere stata eseguita nel nostro paese su questo tema,  ed è stata svolta su un campione di 453 adulti rispondenti, rappresentativo della popolazione italiana [10].

Sono percentuali molto elevate, che testimoniano di un fenomeno, quello del consumo di cannabidiolo, molto diffuso, all’estero e nel nostro paese. Particolarmente rilevante è anche la percentuale (il 30%) di coloro i quali non hanno ancora utilizzato oli o estratti al CBD, ma che potrebbero farlo in futuro.

In sintesi, i consumatori di CBD sono adulti (soltanto il 4% dei rispondenti che usano CBD frequentemente ha un’età compresa tra 18 e 24 anni, meno del 15% per i consumatori saltuari) e la quasi totalità svolge attività fisica.  Tra coloro i quali potrebbe consumarlo in futuro, la maggior parte è in età avanzata (sopra i 55 anni) e guarda al CBD come un potenziale supporto per combattere i dolori che affiorano nella vecchiaia.      

È importante anche sottolineare che tra coloro i quali non consumano ancora prodotti a base di CBD soltanto il 14% teme che siano illegali. Il 36% è frenato in particolare dal fatto che i prodotti a base di CBD, non sono facilmente reperibili, anche e soprattutto a causa di un quadro legislativo sulla vendita poco chiaro. Inoltre, oli ed estratti spesso hanno prezzi elevati (per il 19%) e questo li rende inaccessibili considerando anche che quasi la metà di coloro i quali ancora non consumano CBD risultano essere pensionati, o persone in cerca di occupazione con redditi medio bassi. Infine, un italiano su dieci che ancora non consuma CBD, dichiara di non farlo perché non ha informazioni chiare su come i prodotti vanno somministrati.

Tra coloro i quali usano frequentemente o dichiarano di usarli saltuariamente oli o estratti al CBD, la maggior parte lo associano al rilassamento (il 68% per i consumatori abituali, 55.4% per quelli saltuari), per combattere l’ansia, o lo stress (52% e 53% rispettivamente) ed i disturbi del sonno (40% e 41% rispettivamente). I consumatori appartengono prevalentemente alla fascia d’età 35-54 anni. Quasi la totalità dei consumatori abituali svolge attività fisica regolarmente. 

Se andiamo invece ad analizzare le risposte di coloro i quali non utilizzano ancora oli o estratti al CBD ma potrebbero farlo in futuro, è interessante constatare che circa il 40% appartiene alla fascia d’età 55 anni ed oltre. Sono prevalentemente donne (56.8%) che associano il CBD prevalentemente (41%) all’alleviamento dei dolori cronici.

In conclusione, l’indagine ci consegna la fotografia di un paese informato sull’argomento CBD.  Gli italiani considerano i prodotti quali oli o estratti a base di CBD utili nella vita quotidiana, per il benessere e la salute, fisica e mentale, ed in particolare per  combattere stress, ansia, e dolore cronico [12].

Il fatto che questi ambiti terapeutici siano anche quelli per i quali esiste una solida evidenza empirica a dimostrazione degli effetti benefici del CBD, conferma la consapevolezza degli italiani sul tema cannabis.  

L’idea quindi   di classificare il CBD come sostanza stupefacente, come previsto dal Decreto del Ministero della Salute che aggiorna la tabella del Testo Unico sugli Stupefacenti, dell’Ottobre 2020 poi, fortunatamente sospeso,  contrasta nettamente con l’opinione (e la conoscenza) che hanno gli italiani di questi prodotti, e con le loro necessità, in larga parte legate a bisogni fisici e mentali e non ricreativi. 

Le istituzioni ed i media dovrebbero quindi focalizzare maggiormente la loro attenzione sul regolare tali prodotti e la loro vendita, stabilire standard di qualità per la coltivazione e produzioni di oli ed estratti per dare un accesso sicuro, informato a prezzi accessibili ai cittadini che già oggi, in gran numero, li richiedono e li utilizzano.

Gli Italiani e il CBD: la prima indagine sull’utilizzo del CBD nel nostro paese

Intervista al Senatore Mantero sui risultati dell’Indagine

Sen. Mantero, qual è stata la sua prima reazione alla lettura dei risultati dell’indagine? Cosa le ha colpito maggiormente?

I risultati dello studio sono molto interessanti e dimostrano come le infiorescenze della cosiddetta ‘cannabis light’, o canapa industriale, ed i prodotti da esse derivati, contenenti CBD, siano percepiti dai cittadini in maniera positiva. A differenza della politica che ha strumentalizzato la questione della commercializzazione di questi prodotti, assimilandoli alla droga, i cittadini dimostrano di non avere particolari pregiudizi e considerino anzi il CBD come una sostanza utile utili nella vita quotidiana, per il benessere e la salute, fisica e mentale. Un ruolo importante nell’abbattere il pregiudizio nei confronti di questa pianta lo hanno avuto e continuano ad averlo sicuramente i tanti shops che sono stati aperti dopo l’approvazione della Legge 262 del 2016 (che regola la coltivazione di varietà di cannabis che contengono percentuali insignificanti di THC, la sostanza per l’appunto drogante) nel nostro paese, e che hanno permesso ai cittadini di conoscere il CBD e le sue proprietà terapeutiche in particolare per combattere stress, ansia, e dolore cronico  ed accedere ai prodotti a base di CBD in un ambiente sicuro, informato, ben lontano dall’immagine di un luogo dove si vende ‘droga’. Non è un caso che l’ex Ministro Salvini si sia scagliato proprio contro gli shops, perché sono visibili e accessibili e contribuiscono ad abbattere i pregiudizi. 

Il dibattitto pubblico sul CBD è tutto incentrato sul tema ‘droga si, droga no’, nonostante sia coltivato legalmente e utilizzato per motivi principalmente terapeutici. Questo è probabilmente dovuto alle ambiguità contenute nella legge stessa, dalle quali scaturiscono interpretazioni spesso contraddittorie. Lei è molto impegnato in Senato sul fronte della regolamentazione della produzione e commercializzazione del CBD. Ci può dire quali interventi legislativi sono in preparazione per permettere ai cittadini di accedere ai prodotti a base di CBD in modo sicuro?

Il pregiudizio e la strumentalizzazione politica nei confronti della cosiddetta ‘cannabis light’, o canapa industriale, e dei suoi derivati influenzano anche negativamente le discussioni in parlamento sul tema, impedendo l’approvazione di emendamenti alla stessa legge 262 del 2016, volti a superarne le ambiguità proprio riguardo la vendita dei prodotti a base di CBD. La legge nasce infatti un po’ zoppa perché se è vero che ha aperto alla possibilità di coltivare legalmente le varietà di cannabis contenenti percentuali insignificanti di THC, non esplicita chiaramente la possibilità di vendita delle infiorescenze e dei componenti da esse estratti, in particolar modo il CBD. Molti produttori hanno dato per scontata la liceità della vendita, ed hanno quindi iniziato a commercializzare prodotti a base di CBD. Tra l’altro le prime sentenze della Corte di Cassazione avevano dato ragione a tale interpretazione. Ma la recente sentenza a sezioni riunite ha detto, in maniera molto chiara, che la legge non è completa e così com’è, genera un contrasto con il Testo Unico sugli Stupefacenti che considera le infiorescenze e gli estratti della cannabis (a prescindere dal limite di THC) come stupefacenti. La Cassazione ha quindi richiesto al legislatore di chiarire gli aspetti legati alla vendita.  Quello che ho cercato di fare presentando alcuni emendamenti alla precedente legge di stabilità. Emendamenti che purtroppo sono stati dichiarati, in modo assolutamente parziale, inammissibili dalla Presidente del Senato Casellati, dopo la levata di scudi da parte delle opposizioni. Nel frattempo, abbiamo lavorato di concerto con il Ministero dell’Agricoltura al fine di inserire le infiorescenze della canapa nell’elenco delle piante officinali, per garantire almeno la liceità dell’estrazione del CBD. Abbiamo inoltre presentato altri emendamenti, nel decreto Agosto, per colmare il vulnus della legge 262 e normare la vendita al fine di avere maggior controllo sui prodotti commercializzati, ad esempio stabilendo i limiti di metalli pesanti, la tracciabilità, l’indicazione chiara della genetica, la varietà, la modalità di produzione, e tutelando così la salute del consumatore. 

Ci sono spinte per classificare il CBD come medicinale, per il trattamento di condizioni mediche gravi, quali epilessia, sclerosi, o in oncologia. Dai risultati dell’indagine, però, emerge la realtà di un utilizzo diffuso, da parte, degli italiani, dei prodotti al CBD principalmente per il benessere fisico e mentale, ad esempio per contrastare stress, ansia, insonnia, o dolori. Come pensa si possa evolvere la discussione sulla regolarizzazione dei prodotti a base di CBD?

Oggi la scienza ha dimostrato gli effetti positivi dei vari componenti della cannabis, il THC, CBD, i terpeni, su un numero molto importante di patologie, alcune leggere, altre più gravi. I consumatori, come sottolinea anche l’indagine, ricercano il CBD per mitigare in particolare ansia, stress, insonnia. Ed è essenziale quindi, da un lato garantire la qualità dei prodotti e la salute dei cittadini, dall’altra fare in modo che la cannabis e i prodotti da essa derivati, in particolare il CBD utilizzato principalmente per il benessere fisico e mentale, restino ‘democratici’. La cannabis, è bene ricordarlo, è una delle piante medicinali più antiche usate dall’uomo. Ci sono testimonianze dell’utilizzo della stessa che risalgono a migliaia di anni prima di Cristo. Non solo, la cannabis ha fornito fibre per coprire le persone e conservare prodotti e materiali, olio per bruciare lampade, mangime per animali. Una risorsa, per l’appunto democratica, perché accessibile a tutti. Ma è stato proprio il suo carattere democratico, e l’impossibilità quindi di brevettarla, a decretarne la sua condanna. Nel secolo scorso, infatti, industriali come Hearst o Dupont che brevettavano la carta da legna e il nylon con fibre sintetiche, avviarono una vera a propria guerra contro la cannabis, creando anche l’immagine ed il nome ‘Marijuana’, stigmatizzandola come sostanza stupefacente dagli effetti negativi sull’uomo.  Una campagna denigratoria che è riuscita nel suo intento, condannando la cannabis per decenni come sostanza illegale. E’ fondamentale quindi oggi preservare la ritrovata ‘democraticità’ della cannabis, con particolare riferimento al CBD, dagli interessi delle grandi corporate. E’ giusto e corretto che per patologie più gravi ci siano controlli maggiori ed i prodotti utilizzati necessitino di autorizzazioni per immissioni al commercio come farmaci. Ma al tempo stesso, bisogna far sì che la più parte dei prodotti a base di CBD siano facilmente accessibili, come integratori. Si potrebbe pensare ad una differenziazione nella categorizzazione dei prodotti in base al contenuto di CBD o all’indirizzo terapeutico (sopra una certa soglia di CBD o per alcune patologie il prodotto è un farmaco, sotto la soglia o per altre patologie, diventa integratore). Ci sono diverse strade che possono essere percorse, ma l’importante è garantire la tutela della salute dei consumatori e la democraticità della pianta e l’accesso ai suoi benefici per tutti.

Fonti:

  1. Il Cannabidiolo (CBD), è un principio attivo NON psicoattivo contenuto nella Cannabis Sativa. II CBD non mostra effetti indicativi di alcun rischio potenziale di abuso o dipendenza. E' generalmente ben tollerato e con un buon profilo di sicurezza. Viene commercializzato solitamente in forma di oli, integratori, gomme e estratti ad alta concentrazione. L'organizzazione mondiale della sanità (OMS), a partire dal 2017, classifica il CBD come sostanza NON stupefacente, e adatta all'uso medico. In diversi studi clinici il CBD è stato dimostrato come un efficace trattamento, ad esempio, dell'epilessia.
  2. Bergamaschi MM, Queiroz RH, Zuardi AW, Crippa JA. Safety and side effects of cannabidiol, a Cannabis sativa constituent. Curr Drug Saf. 2011;6(4):237-249.
  3. Pisanti S, Malfitano AM, Ciaglia E, et al. Cannabidiol: State of the art and new challenges for therapeutic applications. Pharmacol Ther. 2017;175:133-150.
  4. Costa B, Trovato AE, Comelli F, Giagnoni G, Colleoni M. The non-psychoactive cannabis constituent cannabidiol is an orally effective therapeutic agent in rat chronic inflammatory and neuropathic pain. Eur J Pharmacol. 2007;556(1-3):75-83. Petzke F, Enax-Krumova EK, Häuser W. Wirksamkeit, [Efficacy, tolerability and safety of cannabinoids for chronic neuropathic pain: A systematic review of randomized controlled studies]. Schmerz. 2016;30(1):62-88. Belardo C, Iannotta M, Boccella S, et al. Oral Cannabidiol Prevents Allodynia and Neurological Dysfunctions in a Mouse Model of Mild Traumatic Brain Injury. Front Pharmacol. 2019;10:352. Published 2019 Apr 16. 
  5. Crippa JA, Guimarães FS, Campos AC, Zuardi AW. Translational Investigation of the Therapeutic Potential of Cannabidiol (CBD): Toward a New Age. Front Immunol. 2018;9:2009. Published 2018 Sep 21.Shbiro L, Hen-Shoval D, Hazut N, et al. Effects of cannabidiol in males and females in two different rat models of depression. Physiol Behav. 2019;201:59-63
  6. Mannucci C, Navarra M, Calapai F, et al. Neurological Aspects of Medical Use of Cannabidiol. CNS Neurol Disord Drug Targets. 2017;16(5):541-553.
  7. Lattanzi S, Brigo F, Trinka E, et al. Efficacy and Safety of Cannabidiol in Epilepsy: A Systematic Review and Meta-Analysis. Drugs. 2018;78(17):1791-1804.
  8. Calapai G, Mannucci C, Chinou I, et al. Preclinical and Clinical Evidence Supporting Use of Cannabidiol in Psychiatry. Evid Based Complement Alternat Med. 2019;2019:2509129. 
  9. Babson KA, Sottile J, Morabito D. Cannabis, Cannabinoids, and Sleep: a Review of the Literature. Curr Psychiatry Rep. 2017;19(4):23.
  10. I rispondenti sono stati selezionati in maniera casuale con quote per genere ed età, bilanciati geograficamente. La selezione è avvenuta attraverso metodo CAWI, con sponsorizzazioni su Facebook, Instagram, Twitter e Google Ads. Il margine di errore è del 4,6% per un intervallo di confidenza del 95%.
  11. https://www.singlecare.com/blog/cbd-survey/
  12.  Risultati non dissimili si sono riscontrati in indagini condotte negli USA (vedi https://news.gallup.com/poll/263147/americans-say-cbd-products.aspx).

Autore: Redazione Cannabeta