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Coltivare Canapa? Ecco le autorizzazioni di cui abbiamo bisogno!

Scritto da STAFF ENECTA | 10 luglio 2019

Leggi, normative e circolari che regolano la coltivazione della canapa in Italia

L’Italia è tornata a coltivare Canapa. Ormai da qualche anno assistiamo ad un ritorno alla coltura della Cannabis Sativa L. con finalità terapeutiche o industriali. Sono sempre di più le persone che si domandano quali autorizzazioni siano necessarie per avviare la coltivazione, soprattutto in seguito ai dubbi sollevati da una sentenza di cassazione che ha gettato scompiglio. In realtà le norme italiane sono sufficientemente chiare.

La coltivazione di canapa è regolata dalle norme contenute nella Legge 242 del 2016 ed entrata in vigore il 14 gennaio 2017. Con la circolare pubblicata il 23 maggio 2018 dal Ministero delle politiche agricole sono state chiarite le regole con cui devono essere attuate le norme contenute nella Legge 242. A oggi, in Italia, è possibile coltivare piante di canapa con un tasso di THC (tetraidrocannabinolo) inferiore allo 0,2% con una soglia di tolleranza fino allo 0,6%. Il coltivatore non ha responsabilità se le piante superano lo 0,2% di THC ma, invece, ne ha se superano lo 0,6% come spiega l’articolo 4, comma 5 della legge 242.

In caso di superamento anche di questo limite, viene inoltre predisposto il sequestro delle piante e la loro distruzione. Il Regolamento (UE) n.1122/2009 e in particolare l'Allegato I (p. 105) di questo regolamento, ha disciplinato il metodo di determinazione del THC delle coltivazioni. La circolare del ministero è, assieme alla Legge 242/2016, il riferimento per seguire a dovere le regole di coltivazione.

 

Controlli

Il Corpo forestale dello Stato è l’ente autorizzato a effettuare  i controlli, compresi i prelevamenti e le analisi  di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa. Le piantagioni possono essere soggette a controlli che dovranno sempre essere eseguiti in presenza del coltivatore. Inoltre chi esegue il controllo deve rilasciare un campione prelevato al titolare della piantagione in caso voglia eseguire delle contro analisi. È obbligatorio scegliere sementi incluse nella Direttiva 2002/53 dell’Unione europea, dove si trova il Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole. Si tratta di un elenco di 52 varietà autorizzate di sementi, le uniche a potere essere utilizzate nella prima semina e in tutte le successive. Uno degli esempi più comuni di canapa utilizzata è la Futura 75, varietà francese che ben si adatta al territorio italiano.

Come spiega l’articolo 7 della legge 242, è del tutto vietato l’utilizzo di sementi auto-prodotte La grande novità della Legge 242 è che non è necessaria autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di THC inferiore al limite di legge.

Cosa succede se si supera il limite dello 0,6%?

Nel caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6%, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma è esclusa la responsabilità dell’agricoltore.

Quali autorizzazioni occorrono?

L’obiettivo della Legge è di sostenere e promuovere la coltivazione e la filiera della canapa quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo del suolo, desertificazione e perdita di biodiversità, nonché come coltura da rotazione. Al momento non occorre alcuna comunicazione alle forze dell’ordine né alcuna particolare autorizzazione a differenza di quanto era previsto fino a qualche anno fa. Una volta acquistati i semi, è obbligatorio conservare per almeno un anno i relativi cartellini informativi che ne indicano origine e qualità. Allo stesso modo è necessario conservare la fattura d’acquisto.

Quali sono gli obiettivi preposti dalla Legge?

È ammessa la coltivazione della Canapa finalizzata alla coltivazione e trasformazione; incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di Canapa provenienti da filiere prioritariamente locali; sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale.

Produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori; realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica  dei terreni, attività didattiche e di ricerca.