Davide Calzolari è un ricercatore, dottorando di ricerca all’ultimo anno della scuola Agrisystem dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Le sue attività di ricerca si concentrano sulla coltivazione della canapa a destinazione multiuso.
Da quando segui il mondo della Canapa?
“Dal punto di vista accademico ho iniziato nel 2013 durante la laurea magistrale in biotecnologie industriali presso l’Università di Ferrara e il CREA-CIN di Bologna, ma l’interesse personale per questa coltura è nato la prima volta che ho visto un campo di canapa nel 2002”.
Con Davide abbiamo approfondito il Tema Canapa, le metodiche di studio e di lavoro e di quelle che saranno le sfide del futuro.
Il tuo progetto di Ricerca in cosa consiste?
Le mie attività di ricerca sono svolte principalmente nell’ambito del progetto europeo Multihemp, iniziato nel 2013 e terminato lo scorso febbraio. Molte delle attività sono state svolte in coordinazione con altri centri di ricerca internazionali e si sono concentrate sulla caratterizzazione della qualità della fibra e dell’effetto delle pratiche agronomiche sulla resa e sulla qualità della biomassa raccolta, sia per quanto riguarda la destinazione alimentare sia per la valorizzazione dei residui di trebbiatura.
Che tipo di Canapa seminate? C’è un motivo preciso perché viene seminata proprio questa varietà?
Una delle varietà che abbiamo studiato in maniera più approfondita è la varietà Futura 75, una scelta in parte obbligata per poter confrontare i sistemi produttivi di differenti regioni europee. Nel corso dei 4 anni di sperimentazione del Progetto Multihemp abbiamo testato in totale più di 125 accessioni di canapa, sia tra quelle registrate nel catalogo unico europeo sia ibridi sperimentali e varietà provenienti dal Canada,Cina e Russia.
La fase di trebbiatura è molto importante, con quali mezzi operate nei campi?
Nelle prove sperimentali condotte su superfici ridotte operiamo una raccolta manuale a cui poi segue la pulizia del seme utilizzando una trebbiatrice parcellare. In collaborazione con gli agricoltori di Canapiace (della provincia di Piacenza) stiamo ottimizzando un prototipo per la raccolta delle inflorescenze che ne mantenga inalterate le proprietà e il profilo dei composti a elevato valore aggiunto come CBD, CBG e cannflavine.
Come riuscite a valorizzare i residui di trebbiatura del seme?
Per poter rendere la coltivazione della canapa economicamente attrattiva è necessario sfruttare tutta la biomassa prodotta dalla coltura; purtroppo la filiera italiana della fibra, sia tessile che come biomateriale è ancora arretrata e poco capillare rispetto ad altre realtà come quella francese. Negli ultimi anni la destinazione del seme ad uso alimentare o come mangime ha migliorato il bilancio complessivo della coltivazione della canapa; tuttavia la destinazione di maggior interesse e non ancora del tutto investigata rimane quelle delle inflorescenze per l’estrazione di metaboliti secondari ad elevato valore aggiunto.
[La prima foto è relativa al campo sperimentale Multihemp 2016, la seconda è Uso 31]
Parte del tuo progetto di Ricerca si concentra anche sull’Olio sia a uso alimentare che cosmetico, come viene lavorato?
La parte di ricerca relativa ai semi di canapa si concentra sulla caratterizzazione delle numerose coltivazioni per il profilo degli acidi grassi e per altri composti, principalmente con attività antiossidante, presenti nell’olio. Un aspetto molto importante è quello della conservazione e il processamento dei semi prima dell’estrazione dell’olio, per questo aspetto alcune prove sono in corso d’opera in collaborazione con gli agricoltori associati a Federcanapa.
Che tipo di tecniche adoperate nella fase di estrazione?
Per la caratterizzazione dell’olio questo viene estratto dai semi con una spremitrice a freddo per non alterarne la composizione e proprietà, per altre analisi l’olio viene estratto a caldo utilizzando solventi organici come esano o etere. Per la caratterizzazione dei residui di trebbiatura i metaboliti secondari vengono estratti utilizzando un solvente organico , principalmente metanolo.
Dal vostro osservatorio notate un ritrovato interesse per il mondo della Canapa?
Sicuramente, sempre più agricoltori sono interessati a reintrodurre questa coltura in rotazione con altre coltivazioni ormai poco redditizie. Purtroppo essendo scarsamente conosciuta per quanto riguarda le pratiche agronomiche spesso gli agricoltori rimangono delusi, per questo consiglio tutti gli interessati a rivolgersi a specialisti ed esperti nel campo.
Dal punto di vista accademico, quali saranno le sfide del futuro?
Per quello che riguarda il mio ambito di ricerca un aspetto importantissimo per rendere maggiormente attrattiva la coltura della canapa è la creazione di nuove varietà, migliorate secondo le necessità imposte dal mercato e dal sistema agricolo. Innanzitutto migliorare la resa e qualità del seme di canapa per renderla competitiva sul prezzo finale dei prodotti e al contempo facilitare le operazioni di raccolta tramite il contenimento dell’altezza delle piante. Altro aspetto fondamentale è l’individuazione dei fattori ambientali che influenzano la produzione dei metaboliti secondari a elevato valore aggiunto in modo da poterne massimizzare la resa e migliorarne il profilo anche attraverso pratiche di gestione agronomica.